martedì, dicembre 04, 2012

La prima legge della natura

I confini della conoscenza non sono mai stati così labili come ai nostri giorni: in un secolo o poco più gli scienziati hanno fatto luce su meccanismi che prima erano solo palpabili a livello filosofico e, pur rimanendo da spiegare molto della natura che ci circonda, la sensazione è che sia solo questione di tempo e di risorse ed altre risposte arriveranno. Fino a che punto possiamo sperare di indagare nel macrocosmo e nel microcosmo? Non si possono conoscere a priori i limiti della ricerca ma si possono prendere in considerazione degli scenari in cui purtroppo le informazioni che servirebbero a dare delle spiegazioni non siano più disponibili all'uomo rendendo vano ogni sforzo: un semplice esempio può essere rappresentato dall'estinzione di un animale avvenuta in un periodo così distante da noi da non permettere neanche ad un osso fossilizzato di giungere ad oggi integro ed impedendo ogni sforzo di ricostruzione a posteriori.

Come ottimamente relazionato da Brian Greene nell'ultima parte del suo spazio al TED di quest'anno, l'impossibilità di reperire informazioni potrebbe avvenire anche a livello cosmologico; supponiamo di vivere in un futuro in cui l'espansione dell'universo abbia allontanato le galassie l'una dall'altra a tal punto che la luce non abbia il tempo di raggiungere il nostro pianeta: vedremmo il cielo praticamente buio (tranne la Via Lattea) e dovremmo presupporre che l'universo sia composto solo dalla nostra galassia (che invece all'epoca attuale sappiamo bene non essere cosa vera).
Sono solo due esempi dei limiti in cui la ricerca dell'uomo può imbattersi nella scalata alla conoscenza del nostro universo, ma un altra spada di damocle pende da sempre sulle teste dei ricercatori: ma come è possibile che le costanti fondamentali che regolano i meccanismi delle leggi fisiche e quindi della natura abbiano dei valori così precisi da permettere l'esistenza di tutto ciò che conosciamo? Se fossero diversi in percentuale anche solo di qualche milionesimo l'universo non potrebbe esistere come lo conosciamo? Gli studiosi ci dicono che l'equilibrio perfetto in cui l'universo si trova attualmente è talmente delicato che sembra effettivamente improbabile che sia del tutto casuale: non ci resta che teorizzare un intervento divino?

Senza entrare nei meandri del rapporto tra scienza, fede e teologia, sarebbe meglio estendere alcuni concetti scientifici e scoperte, ormai date per assodate (tranne per i creazionisti più ottusi), all'universo intero ed alle leggi che lo regolano; se infatti le prove dell'evoluzionismo sono inconfutabili per la comunità scientifica, possiamo pensare che la natura abbia intrinseca come sua regola fondamentale quella della continua ed infinita reiterazione di tentativi, con innumerevoli variazioni, che hanno portato a livello biologico il prosperare delle più svariate forme di vita sulla terra, mentre a livello macroscopico possiamo osservare l'infinita varietà di sistemi stellari e galattici.
Ed a livello microscopico? Dalla scoperta della prima particella fondamentale, l'elettrone, i ricercatori hanno assistito, nell'esplorazione, al proliferare di una enorme varietà di mattoncini, a tal punto da denominarla "zoo delle particelle", e ci sono voluti decenni per mettere ordine in un caos che sembrava insensato; in realtà la materia che ogni giorno abbiamo sotto gli occhi è composta solo da tre di questi pezzettini fondamentali (elettrone, quark up e quark down) ma ciò nonostante la natura contempla l'esistenza di altri inutili pezzettini, di un po' di antimateria, con ogni probabilità delle particelle super-simmetriche (che per ora sono pero solo teorizzate), della materia oscura e dell'energia oscura. Non è forse realistico pensare che anche nel microcosmo la natura segua l'unica legge fondamentale, quella di creare la più grande varietà possibile di oggetti, per poi tentare ogni combinazione che possa risultare stabile e che permetta a sua volta un evoluzione? Se così fosse avrebbe anche senso il principio antropico, secondo il quale tutta la perfezione che osserviamo è tale solo per il fatto che noi esistiamo ad osservarla, e quindi anche l'uomo è il frutto di una infinita serie di tentativi che la natura ha dovuto sperimentare per cercare di raggiungere un livello evolutivo più elevato: per dirla in poche parole credo fermamente che tutto ciò che osserviamo sia il risultato del caos e non di un progetto intelligente, e che il disordine sia l'unica fondamentale legge della natura. No disordine = No evoluzione.


3 commenti:

Francesco Maggi ha detto...

devi vedere il disordine che ho in casa... eppure non mi sembra che la situazione si evolva... porc...

Unknown ha detto...

Devi aspettare un tempo quasi infinito e vedrai che tutto si sistema: come la scimmia alla macchina da scrivere, se gli dai abbastanza tempo, premendo a caso i caratteri, prima o poi scriverà un verso della "Divina Commedia" :-)

Antonio ha detto...

Quindi, secondo quello che hai scritto, ognuno di noi è il frutto di un'infinità di tentativi andati a male. Questo può essere uno stimolo a non farsi tanti problemi ;-)