venerdì, luglio 29, 2016

L'effetto tunnel

Non è la reazione delle comunità locali alla costruzione di qualche galleria montana, bensì uno dei bizzarri comportamenti delle particelle che è alla base della elettronica moderna: è il cosiddetto "effetto tunnel". Una particella che non dovrebbe possedere l'energia necessaria per oltrepassare una barriera, finisce a volte per farcela e trovarsi dall'altra parte. La spiegazione quantistica è che la particella può prendere in prestito l'energia mancante dal vuoto, a patto che in un tempo infinitesimamente piccolo la restituisca. Difficile da immaginare vero?

L'analogia con la meccanica classica è quella di una palla che deve attraversare un muro, il che sembra al quanto improbabile, anche scagliando la palla milioni di volte contro lo stesso muro (vi assicuro che qualcuno deve sicuramente averci provato); il fatto però che nel mondo delle particelle non ci sono veri e propri muri ma piuttosto campi di energia e, come ripetuto più volte, le palle sono oggetti particolari, dei pacchetti che possono somigliare ad una biglia od a un onda, dipende da come li analizziamo.
Quindi se proprio dobbiamo cercare un immagine per visualizzare l'effetto tunnel nel nostro mondo macroscopico sceglierei qualcosa di più adeguato: un potente ma breve suono potrebbe rappresentare la nostra particella, mentre una parete isolata sarebbe la nostra barriera di energia; se spariamo il suono in direzione della parete sicuramente una buona parte dell'onda sonora verrà riflessa e sentiremo una sorta di echo. Una certa frequenza che compone l'onda però potrebbe avere energia necessaria per passare la barriera e quindi riusciremmo a rilevare il suono dall'altra parte; se pensiamo alle particelle come ad un pacchetto d'onda non è così incredibile pensare che alcune delle frequenze che compongono il pacchetto possiedano l'energia per oltrepassare l'ostacolo (anche se all'interno del pacchetto fanno a media con le altre energie).
Certo lo so, è la solita semplificazione di un fenomeno più imperscrutabile e misterioso che affonda la sua origine alla radice dei segreti della meccanica quantistica, ma sono sempre convinto che il potere delle immagini e la suggestione delle similitudini possa renderci meno ostica la comprensione di fenomeni che altrimenti sarebbero da classificare come inspiegabili.
Per fare ciò dobbiamo abbandonare la visione degli oggetti, tutti gli oggetti, come di pezzi rigidi di materia, e sostituirla con quella più impercettibile ma più realistica di ammassi di onde vibranti, che poi non sono altro che l'energia che costituisce e forma quello che noi percepiamo come massa.
Infatti, allo stesso modo con cui possiamo rilevare il suono del precedente esempio che attraversa il muro, tramite un microfono per poi riprodurre un click (o accendere una lampadina), così noi percepiamo gli ammassi di onde che ci circondano (gli oggetti) con un colore, una temperatura, una sensazione tattile, un click che ci dice che tali oggetti sono "materia": la realtà fisica è lontana dalla realtà percepita, e la distanza aumenta mano a mano che le dimensioni diminuiscono, fino ad arrivare alla inconfutabile oggettività di un mondo fatto di onde più o meno impacchettate a formare la materia che vediamo intorno a noi.
Ciò che proprio non sappiamo ancora è di che cosa è composta quella enorme fetta di universo che comunque ci sta intorno e che chiamiamo oscura, materia ed energia di cui percepiamo la presenza solo indirettamente: io non so voi ma potrei scommettere che si tratta sempre e comunque di onde.

martedì, aprile 12, 2016

vittime dell'inerzia

Proprio così, siamo tutti in balia dell'inerzia: seduti comodamente sul divano quante volte abbiamo pensato "ma chi me lo fa fare ad alzarmi". In generale l'inerzia è la caratteristica dei corpi a non voler cambiare il loro stato, ma perché esiste? Perché se vogliamo fermare un oggetto che ha una certa massa che si muove dobbiamo esercitare una forza, allo stesso modo in cui dobbiamo applicarla se vogliamo metterlo in movimento? E quindi qual'è il motivo per cui nessuno vuole cambiare il proprio stato che sia di quiete o movimento? Per ora, consideriamo quello che succede in un oggetto quando si esercita questa proprietà che chiamiamo massa; cerchiamo di ignorare l'effetto gravitazionale della massa per il momento, e consideriamo la massa come la misura in cui un oggetto resiste alla spinta di accelerazione e chiamiamo questa massa inerziale.

Come al solito partiamo con un esperimento mentale che battezzerò la "scatola invisibile".
Immaginate una scatola priva di massa con pareti invisibili: certo è impossibile ma è un'analogia per avvicinarci come vedremo lentamente alla realtà. Ora la riempiamo con moltissimi fotoni, che sappiamo essere particelle senza massa, che viaggiando alla velocità della luce, rimbalzano all'interno della scatola in tutte le direzioni; la somma delle masse è nulla e su tutte le pareti della scatola si sente la stessa pressione, quindi facendo la media non c'è nessuna forza complessiva dalla scatola verso l'esterno.

Diamo alla scatola una spinta per aumentare la sua velocità; ora la parete della scatola che spingiamo si muove verso i fotoni: si sente, rispetto a prima, un po' più di pressione per il loro impatto. Nel frattempo, nella parete opposta della scatola, allontanandosi dai fotoni, si sente meno pressione. C'è una forza diretta all'indietro che si percepisce come una resistenza alla variazione di velocità. I fotoni esercitano una forza sulla scatola, la scatola esercita anch'essa una forza sui fotoni e per la terza legge di Newton che ci dà la conservazione della quantità di moto, l'accelerazione esercitata sulla scatola viene trasferita ai fotoni.

Ora, se si ferma l'accelerazione sulla scatola, lo slancio  viene ripartito di nuovo equamente tra la scatola e fotoni. Ma finché l'accelerazione continua, il differenziale di pressione persiste. L'accelerazione subisce una resistenza e quindi ci sembra che la scatola  sia pesante, come piena di massa: in realtà è indistinguibile dalla massa, perché è proprio la massa! In pratica partendo dall'energia cinetica dei fotoni confinati in uno spazio, il totale del tutto senza l'ombra di un milligrammo, siamo arrivati a percepire un oggetto massivo: tutto ciò perché la massa non è altro che energia confinata (per la maggior parte) ed è questo che ci ha voluto dire Einstein con la celebre formula E=M*C^2 che in realtà lui scrisse per la prima volta come M=E/C^2

Quindi diamo un'occhiata a un altro esempio di energia confinata: una molla compressa contiene più energia di una molla rilassata. Si dice che detiene più energia potenziale. Quindi è una molla compressa più massiccia di una a riposo? E' proprio così! Anche in questo caso, siamo in grado di descrivere questo fenomeno in termini di un effetto fisico diretto. Una molla già compressa è più difficile da comprimere, rispetto ad una molla a riposo. Ma comprimerla è esattamente ciò che devi fare quando tenti di spostarla: in primo luogo, la parte che spingiamo si comprime un po' e poi la pressione diffonde la forza come un onda in avanti, fino a quando tutta la molla si mette in movimento. Quella spinta iniziale è più difficile sulla molla compressa che sulla molla rilassata. Si percepisce come se fosse più massiccia perché lo è.

Questi apparentemente diversi effetti fisici, la  scatola di fotoni e la molla compressa, danno lo stesso risultato di conversione tra massa ed energia, La materia che ci compone però è fatta per lo più da quark ed elettroni e sono le energie cinetiche e di legame tra questi piccoli componenti a farci percepire gli oggetti come "confinati e massivi". In realtà c'è ancora una minuscola componente della massa che non dipende dalle energie confinate ma ha origine molto più esotica: infatti al contrario dei fotoni del nostro primo esempio, gli elettroni ed i quark sarebbero dotati di una piccolissima massa anche se fossero immobili; è una loro caratteristica intrinseca fondamentale che gli viene ceduta attraversando il campo di Higgs che permea tutto lo spazio. Ma se le energie confinate creano l'illusione della massa non potrebbe essere l'interazione con il campo di Higgs a creare l'illusione della gravità?

Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=gSKzgpt4HBU

giovedì, aprile 07, 2016

scrutare l'universo

Sui bastioni dell'anima come antiche radici avvinghiati,
libriamo uno sguardo ventoso ai confini dell'orizzonte,
che la nebbia diradi e lo spettacolo del mondo appaia.
E che la vista rinata ci rapisca i pesanti pensieri,
ed anche i ceppi torpidi tra le mura lascino la presa,
così che lo spirito sia assolto e possa gettarsi nel baratro.


domenica, marzo 06, 2016

La ricetta per creare un universo

Prendiamo una manciata di nulla, innaffiamo con la legge di conservazione, mescoliamo fino a quando vediamo una fluttuazione quantistica; a questo punto velocemente (entro un tempo di Planck) separiamo materia ed antimateria prima che si annichiliscano completamente.
Se avete fatto tutto correttamente dovreste avere una zuppa di quark molto calda; fate raffreddare fino a quando non vedete combinarsi i quark in protoni e neutroni, mentre preparatevi ad indossare gli occhiali perché a breve viene liberata la radiazione elettromagnetica (lasciate pure che evapori lasciando l'impronta della radiazione di fondo).
Montate a frusta (simulando l'effetto gravitazionale) le nubi di gas leggeri che si creano in modo che si addensino fino a raggrumarsi in piccole polpette incandescenti (dette stelle): attendete ancora e noterete che raffreddandosi le polpette tenderanno ad esplodere rilasciando una serie di nuovi aromi molto pesanti (es. metalli) dando origine ad altre nubi. Continuate lo stesso processo fino ad ottenere degli ammassi di stelle non troppo grandi e più stabili.
Ora non vi resta che condire il tutto con qualche cometa carica di acqua e aminoacidi ed attendere che la vita spunti qua e la, prima di servire a temperatura ambiente. 

Livello di difficoltà: elevata
Tempo di preparazione: 14 miliardi di anni
Ingredienti: il nulla e qualche legge fisica

domenica, febbraio 28, 2016

Due mondi separati

Ho lasciato appositamente sedimentare per qualche giorno la news del 11 febbraio: le onde gravitazionali esistono e sono esattamente quelle previste dalla teoria della Relatività Generale.
Il fiume di notizie è stato giustamente imponente, da un lato per cercare di spiegare l'importanza della scoperta, dall'altra per riuscire a descrivere in modo semplice ai non specialisti ed appassionati, di cosa effettivamente si stesse parlando. Io ve la spiego con una immagine.

Lo spazio è molto simile ad una rete a maglie: se tirate la rete in una direzione si allargheranno le maglie in quel senso e si restringeranno in quello perpendicolare. In pratica al passaggio di un onda gravitazionale lo spazio (ed il  tempo a lui connesso) si allungherà in una direzione ed automaticamente si accorcerà in quella perpendicolare.
Per tale motivo il rilevatore di onde gravitazionali è costruito come una enorme L, con i bracci lunghi quattro chilometri: così se passa l'onda un braccio si accorcerà mentre l'altro aumenterà di lunghezza.

Detta così forse può risultare troppo semplice ma vi basta un numero per farvi capire che non lo è affatto: lo stiramento del reticolo spaziale causato dall'onda gravitazionale intercettata è dell'ordine di 10^-21 metri (0,000000000000000000001) cioè l'ordine di grandezza di un nucleo atomico rispetto a 4 chilometri del rilevatore, quindi tutt'altro che facile da misurare. In ogni caso gli scienziati di LIGO ci sono riusciti e con una precisione straordinaria.

Quello però su cui vorrei far riflettere è che quest'ennesimo successo nel campo della fisica sperimentale va a collocarsi come potente colonna a sostegno della teoria di Einstein, così come la scoperta del bosone di Higgs di due anni fa è stato l'ultimo puntello al modello standard delle particelle e quindi alla Meccanica Quantistica; c'è solo un problema, queste due teorie, l'una che ci svela i segreti del cosmo e l'altra che ci descrive il mondo delle particelle, sono incompatibili tra loro.
Sono diversi anni che i fisici cercano una soluzione al dilemma ed alcune strade sono state tracciate, come la gravità quantistica a loop o la teoria delle stringhe, ma rimane un profondo solco che divide la visione di un universo simile ad un tessuto calmo che si piega ed ondeggia in balia del peso delle stelle e quello di uno spazio in cui ribollono infiniti pacchetti di energia.

Sicuramente studiare un'atomo d'acqua per comprendere le maree non è la strada migliore, ma siccome il mare è fatto d'acqua prima o poi troveremo il collegamento che ci manca, la visione d'insieme che ci permetterà di vedere l'universo come un unico grande disegno.

Video che spiega le onde gravitazionali

domenica, gennaio 17, 2016

vetro quantistico

Uno degli esempi più chiari, o forse meglio dire trasparenti, del fatto che viviamo in un mondo quantizzato (cubettolandia), è il vetro. Infatti non ci chiediamo spesso del perché il vetro lasci passare la luce mentre gli altri materiali no, ma se ci pensate è davvero un bel mistero: inoltre è impossibile immaginare un mondo senza vetro e quindi senza finestre, senza occhiali, senza cannocchiali, e chissà quante altre tecnologie basate su di esso. In realtà se ci soffermiamo su come sono fatti gli atomi che ci compongono la domanda potrebbe avere facile risposta; infatti gli atomi sono per lo più fatti di vuoto, un nucleo grosso come un oliva al centro di uno stadio, dove gli elettroni sono dei moscerini che girano impazziti sugli spalti: insomma praticamente tutto completamente vuoto. A questo punto non sembra più molto strano che luce passi attraverso la materia, se non fosse che normalmente non lo fa!! Quindi la domanda dovrebbe diventare all'incirca questa: ma perché non siamo tutti trasparenti come il vetro visto che siamo praticamente fatti di vuoto?


La risposta sta proprio nel modo in cui l'universo funziona e cioè a piccoli pacchetti; la luce è composta da quanti di energia (dei minuscoli pacchi) e gli elettroni che girano attorno al nucleo possono assorbire solo i pacchi di una determinata "dimensione". Ciò che accade è che i normali materiali che ci circondano hanno elettroni sul loro confine esterno in grado di assorbire praticamente tutti i pacchetti di cui la luce visibile è composta (tranne quelli del colore di cui ci appaiono). Il vetro invece possiede degli elettroni esterni ad uno stato energetico che non gli permette di assorbire i fotoni (così si chiamano i pacchetti) e questi passano indisturbati rendendolo trasparente alla luce visibile (ma per esempio non ai fotoni ultravioletti che invece portano pacchi delle dimensioni adeguate per essere assorbiti). Quindi se non fossimo in un modo quantizzato non potremmo guardare dalla finestra, ingrandire le immagini, guardare la televisione, giocare a biglie, guardare bene ciò che stiamo per bere, smanettare lo smartphone, andare dall'ottico, raccontare di Cenerentola, etc,  etc...

sabato, gennaio 16, 2016

Un mondo indeterminato?

Il Principio di Indeterminazione di Heisenberg è uno trai concetti della fisica quantistica ad essersi diffuso nel immaginario comune; dice che non si possono mai conoscere simultaneamente la posizione esatta e la velocità precisa di un oggetto molto piccolo. L'indeterminazione è spesso spiegata come risultato di una perturbazione in cui l'atto di misurazione della posizione di un oggetto cambia la sua velocità, o viceversa (e questo comunque accade). Invece la vera origine dell'indeterminazione è più profonda e più strabiliante. Secondo la meccanica quantistica, il Principio di Indeterminazione esiste perché tutto nell'universo si comporta sia come una particella che come un'onda. In questo quadro la posizione esatta e la velocità precisa di un oggetto non hanno senso. Per capire ciò, dobbiamo pensare a cosa significa agire come una particella o come un'onda. 


Le particelle, per definizione, esistono in un unico punto in ogni istante nel tempo e la loro natura puntiforme viene osservata quando interagiscono con altri oggetti (compresi gli strumenti di misura). Le onde sono perturbazioni che si diffondono nello spazio come le increspature sulla superficie dell'acqua. Identifichiamo chiaramente elementi dello schema dell'onda nella sua interezza, soprattutto la sua lunghezza d'onda, che è la distanza tra due picchi adiacenti, o due valli adiacenti. Ma non possiamo assegnargli una sola posizione. Ha una buona probabilità di trovarsi in molti punti diversi. La lunghezza d'onda è essenziale per la fisica quantistica: la lunghezza d'onda di un oggetto è collegata alla sua quantità di moto (cioè massa per velocità). Un oggetto piccolo che si muove veloce ha una grande quantità di moto, il che corrisponde a una lunghezza d'onda molto breve. Un oggetto pesante ha una grande quantità di moto anche quando non si muove molto velocemente, il che implica, di nuovo, una lunghezza d'onda molto breve: ecco perché non notiamo la natura ondulatoria degli oggetti quotidiani. Se lanci una palla da calcio in aria, la sua lunghezza d'onda è un miliardesimo di trilionesimo di trilionesimo di metro, decisamente troppo breve per essere rilevata. 

Invece gli oggetti microscopici, come gli atomi o gli elettroni possono avere lunghezze d'onda abbastanza grandi da essere misurate in esperimenti di fisica. Quindi, se abbiamo un'onda pura, misuriamo la sua lunghezza d'onda, e dunque la sua quantità di moto (massa X velocità), ma senza la sua posizione. Possiamo conoscere esattamente la posizione di una particella nel momento in cui la intercettiamo, ma essa non ha più una lunghezza d'onda, quindi non possiamo conoscere la sua quantità di moto. Per avere sia la posizione sia la quantità di moto di una particella dobbiamo fondere le due nature, ondulatoria e particellare, per creare un oggetto che ha le onde ma confinate in una piccola porzione di spazio. Come possiamo realizzarlo? Combinando le onde con le diverse lunghezze d'onda, il che vuol dire dare al nostro oggetto quantistico la possibilità di avere diverse quantità di moto. 


Quando sommiamo due onde, scopriamo che ci sono dei luoghi dove i picchi si allineano, creando un'onda più grande, e altri luoghi dove i picchi di una riempiono le le valli di un'altra. Il risultato sono aree dove vediamo delle onde separate da aeree di vuoto assoluto. Se aggiungiamo una terza onda, le aree dove le onde si annullano diventano più grandi, con una quarta aumentano ancora, e le aree con le onde si fanno più strette. Se continuiamo ad aggiungere onde, possiamo creare un pacchetto di onde con una ben distinta lunghezza d'onda in una piccola area.  Questo è un oggetto quantistico con una natura sia di onda sia di particella, ma per ottenere ciò, dobbiamo perdere la certezza sia della posizione sia della quantità di moto. Le posizioni non sono riconducibili ad un singolo punto. C'è una buona probabilità di trovarle all'interno di un qualche intervallo dal centro del pacchetto d'onda ed otteniamo il pacchetto d'onda sommando molte onde, il che vuol dire che c'è la probabilità di trovarla con la quantità di moto corrispondente ad una di queste. 

Sia la posizione sia la quantità di moto sono ora indeterminate, e le indeterminazioni sono connesse Se si vuole ridurre l'indeterminazione della posizione creando un pacchetto d'onda più piccolo bisogna aggiungere più onde, il che vuol dire ingrandire l'indeterminazione della quantità di moto. Se si vuole conoscere meglio la quantità di moto si necessita di un pacchetto d'onda più grande che vuol dire aumentare l'indeterminazione della posizione. Questo è il Principio di Indeterminazione di Heisenberg formulato per la prima volta dal fisico tedesco Werner Heisenberg nel 1927. Tale indeterminazione non dipende da una buona o da una cattiva misurazione, ma è il risultato inevitabile derivante dalla combinazione della natura di particella e di onda. Il Principio di Indeterminazione non è solo un limite pratico in misurazione, è un limite sulle proprietà che un oggetto può avere, insito nella struttura fondamentale dell'universo stesso: od almeno è quello che la meccanica quantistica ci descrive nella sua interpretazione più ortodossa.

Estratto da https://www.youtube.com/watch?v=TQKELOE9eY4