domenica, gennaio 27, 2013

Un modello ancora più bello, con i lacci

Abbiamo parlato in precedenza di modello standard delle particelle per definire lo stato dell'arte nella conoscenza della materia e di come questa sia composta, e possiamo affermare che la teoria attuale rispecchi quasi fedelmente il comportamento reale della natura visto che il modello è stato confermato in moltissimi esperimenti e con una precisione veramente impressionante; resta quindi da chiederci se siamo giunti ai limiti della conoscenza del microcosmo e se stiamo ormai esplorando le frontiere dell'universo nei sui confini più minuscoli.

La realtà è che sebbene il modello standard funzioni benissimo nel mondo dei quanti e delle particelle ha rivelato un limite per ora invalicabile nella ricerca di una teoria unitaria che metta insieme le leggi gravitazionali e quelle quantistiche, una teoria del tutto (o TOE come dicono gli anglofoni), che descriva in un unica equazione il comportamento della natura, dalle sue espressioni più microscopiche ed infinitesimali a quelle gigantesche del cosmo.
Ma qualcuno si chiederà: se la relatività generale funziona così bene nella descrizione del mondo macroscopico e la teoria quantistica associata al modello standard funziona altrettanto bene nei meandri del microcosmo, perché dovremmo arrovellarci le meningi per trovare una teoria unificante? La risposta è semplice: perché esistono casi in cui il macro incontra il micro e le due nature si mischiano in un unico fenomeno che richiederebbe l'intervento di entrambe le teorie;
due esempi classici sono i buchi neri ed il Bigbang. Esistono quindi scenari in cui una enorme quantità di materia, in grado di avere grandi effetti gravitazionali, si concentra in uno spazio così piccolo da richiedere l'uso della teoria quantistica; gli sforzi dei fisici di miscelare le due teorie ha portato però grande confusione e pochi risultati a causa di una incompatibilità di fondo che rende i calcoli irrisolvibili: la teoria della relatività generale contempla uno spazio liscio, privo di asperità ed omogeneo, mentre la fisica quantistica prevede uno spazio schiumoso e ribollente di infinite annichilazioni di coppie di particelle positive e negative, invisibile ai nostri occhi solo perché il fenomeno avviene in intervalli di tempo impercettibili; inoltre la semplificazione di considerare le particelle puntiformi, quindi senza un volume spaziale reale, crea enormi problemi nella fusione con la relatività che invece ha bisogno di corpi che occupino spazio tangibile.

La soluzione a questi intricati dilemmi sembra arrivare dalla teoria delle stringhe, un modello matematico per ora, che però promette da qualche decennio, di dare soluzione a tutti i grattacapi della unificazione tra relatività generale e meccanica quantistica. In particolare i punti di forza della teoria delle corde (come si dovrebbe tradurre letteralmente "string") sono:

- tutte le particelle del modello standard vengono prodotte dalla vibrazione di microscopiche stringhe, che come in uno strumento musicale, danno origine a particelle diverse in base alla frequenza ed alla intensità della vibrazione
- non essendo puntiformi, le stringhe occupano uno spazio definito e quindi posso associarsi meglio alla relatività
- essendo la cosa più piccola che dovrebbe esistere, le stringhe porgono un argine all'infinitesimamente piccolo, spazzando via i problemi della meccanica quantistica a distanze inferiori della lunghezza di Planck (0,000000000000000000000000000000000016 metri)
- le stringhe rappresentano una soluzione molto elegante alla Teoria del Tutto

Purtroppo ci sono anche alcuni lati negativi che rendono la teoria difficile da dimostrare:

- per dare origine a tutte le particelle che conosciamo le stringhe dovrebbero poter vibrare in molte dimensioni oltre quelle a noi note (3 spaziali ed 1 temporale) fino ad un massimo di 11 dimensioni
- la matematica per calcolare tali spazi multidimensionali è molto complessa e richiede anni di lavoro per identificare gli spazi con le dimensioni e le forme corrette
- essendo entità così piccole, le stringhe che vivono nel mondo delle dimensioni arrotolate e nascoste alle lunghezze di Planck, vedranno la loro esistenza confinata nel mondo teorico per molto tempo visto che la tecnica non ci permette di esplorare distanze così minuscole.


martedì, gennaio 22, 2013

Essere fino in fondo decoerenti

Abbiamo ormai capito che ciò che accade nei meandri subatomici ha ben poco da spartire con i meccanismi che regolano il nostro mondo di giganti, esseri agglomerati da miliardi di miliardi di particelle; se però le leggi che governano il nostro universo sono valide a tutte le scale come si può spiegare questa diversità a prima vista incoerente?
Proviamo a pensare alle proprietà di una piccola pietra: è leggera, rotola facilmente, viene erosa velocemente, ha un colore a prima vista omogeneo, viene risucchiata dal terreno fangoso, etc... 

Ora immaginiamo una montagna, anche non fosse l'Everest, e pensiamo alle sue caratteristiche:
è pesante, è immobile, viene erosa molto lentamente, ha colori diversi grazie alle varie angolazioni della luce, può essere scalata, ed avanti come sopra.
Quindi dal punto di vista di una montagna deve sembrare davvero inusuale il comportamento della pietruzza e figuriamoci poi quello della sabbia!! Eppure sono composti dalla stessa materia...
Allo stesso modo può sembrarci difficile comprendere i comportamenti delle particelle, la loro dualità ondulatoria e corpuscolare, il comportamento probabilistico, l'indeterminazione delle osservabili, semplicemente perché la nostra prospettiva è troppo distante da quella del mondo quantistico: ma a quale scala le particelle perdono le loro caratteristiche peculiari?

Gli esperimenti ci dicono che molecole anche molto complesse e forse addirittura alcuni microorganismi manifestano ancora, seppure in modo ridotto, caratteristiche del mondo quantistico;
questo processo di maturazione macroscopica, la decoerenza, avviene quindi in maniera graduale, come se ogni legame tra piccole particelle creasse una sorta di rigidità quantistica. In effetti se ricordiamo ciò che abbiamo detto a proposito dell'osservazione di un oggetto quantistico, e della perturbazione che ogni osservazione (o misurazione) intrinsecamente comporta, possiamo intuire come ogni particella che si lega o che interagisce con un altra, in realtà compia un processo di osservazione e viceversa. Il risultato è un universo composto da un infinità di particelle che si osservano e si scrutano l'un l'altra, rendendo il nostro mondo quantisticamente decoerente, ma sicuramente più adatto alle camminate in montagna, al tiramisù, al gioco del calcio, alle belle ragazze, etc...

domenica, gennaio 20, 2013

L'elettrone ed il moschicida

Un elettrone è l'emblema delle stranezze che caratterizzano il mondo quantistico delle particelle:
non possiamo sapere con precisione dove si trovi a meno di perdere informazioni sulla sua velocità (e viceversa) e se provassimo a chiuderlo in un barattolo (dovrebbe essere un barattolo molto particolare dotato di un campo magnetico), lo vedremmo muoversi come impazzito all'interno di quello spazio limitato, tanto da non riuscire quasi a vederlo. Se poi provassimo a confinarlo in un barattolo ancora più piccolo il risultato sarebbe, sempre come conseguenza del principio di indeterminazione, che l'elettrone impazzirebbe ancora di più spostandosi sempre più velocemente, come se non volesse arrendersi a quel destino di prigioniero ingabbiato.

Ripetendo un "esperimento" che abbiamo fatto quasi tutti da bambini, se intrappolassimo una mosca impazzita (una di quelle in piena crisi isterica) in un barattolo, il risultato sarebbe molto simile a quello descritto per l'elettrone solo che per mantenere le proporzioni, il barattolo che contiene la mosca dovrebbe essere enorme, alto e largo come la distanza dalla Terra al Sole!! Immaginatevi di rincorrere la mosca che si muove ad una velocità vicina a quella della luce per uno spazio immenso come quello che divide il nostro pianeta dal centro del sistema solare: una bella impresa anche se dotati di super paletta gigante ed in una situazione del genere è difficile anche solo capire dove sia la mosca in un determinato momento, che a prima vista sembra essere in più posti contemporaneamente vista la velocità con cui si sposta. 

L'unica cosa da fare in queste condizioni è usare la maniera forte: spruzziamo il moschicida in grandi quantità ed aspettiamo che la mosca passi in quel punto ed ecco che, come previsto, in un attimo vediamo un puntino nero bloccarsi per poi cadere sul fondo del nostro barattolone! 
Non potremo mai sapere a che velocità stava andando ma abbiamo identificato con una certa accuratezza il punto in cui si trovava la povera mosca prima di rimanere stecchita (come sacrificio non è stato poi così utile).

Quando i fisici devono maneggiare particelle quantistiche si trovano sempre a dover compiere "sacrifici" ed interagendo con esse ne distruggono la funzione d'onda (la natura ondulatoria che nella nostra analogia la mosca creava muovendosi a velocità così elevate) trovandosi molte volte poi tra le mani una particella stecchita (la natura corpuscolare degli oggetti quantistici).

venerdì, gennaio 18, 2013

Un bel modello, quello standard

Scavando nel mondo delle particelle, o meglio frantumandole nel microcosmo, i fisici in 50 anni di collisioni tra pezzi di atomi scagliati gli uni contro gli altri ad enormi energie, sono riusciti ad identificare i tre mattoni di cui è composta tutta la materia che ci circonda: quark up, quark down ed elettroni. Un passo avanti non in senso numerico visto che già un secolo fa si era giunti alla conclusione che l'atomo fosse composto da elettroni, protoni e neutroni, ma sicuramente un enorme balzo nella comprensione dei meccanismi che regolano la materia e le forze in gioco; infatti grazie alla scoperta dei quark, che compongono appunto i protoni ed i neutroni, si sono riuscite a spiegare le interazioni che mantengono i nuclei atomici uniti  (forza nucleare forte) ed anche le ragioni alla base dei decadimenti radioattivi (forza nucleare debole).

Nella affannosa ricerca degli elementi fondamentali dell'universo, gli scienziati hanno incontrato non poche difficoltà dovute al proliferare di pezzettini di materia che però non sembravano incastrarsi nel puzzle che avrebbe identificato finalmente la natura primordiale del cosmo: infatti prima di scremare tutti quelli che non sembravano i mattoncini indivisibili, si sono dovuti eseguire miliardi di collisioni in tutti gli acceleratori del mondo per poi finalmente arrivare alla conclusione che la natura prevede l'esistenza di sei tipi di quark, tre tipi di elettroni ed anche tre varietà di neutrini. Eppure poche righe sopra affermavo che tutta la materia è composta da soli tre elementi (due quark ed un elettrone) ed è questa la realtà, ma l'universo prevede comunque l'esistenza di altre forme di materia, anche se queste non risultano stabili (come l'antimateria) o più semplicemente vagano nello spazio senza interagire (come i neutrini); quindi, un po' come è accaduto per la tavola periodica degli elementi chimici che ha continuato ad espandersi grazie ai laboratori che scoprivano elementi come il rutherfordio od il bohrio, che però non sono presenti naturalmente sulla Terra, così nella fisica delle particelle si sono incontrati elementi altamente instabili che comunque in un probabile momento della creazione od in un momento evolutivo dell'universo, potrebbero aver trovato il loro posto anche se per poco nella storia che stiamo raccontando.

Quindi la bellezza del Modello Standard delle particelle fondamentalmente è dovuta alla sua semplicità e simmetria che ci apre una finestra dalla quale si può avere una visione profonda su tutto ciò che esiste, che è esistito o potrebbe esistere.

domenica, gennaio 13, 2013

Velocità della luce: più lenti non si può (parte 2)

(Se ti sei perso la parte 1)

Quando si immagina la trama del tessuto spazio-temporale si dovrebbe pensare a qualcosa di quadridimensionale, cosa a cui la nostra mente non è assolutamente abituata visto che ci siamo evoluti in un mondo a tre dimensioni e tutti i nostri sensi sono tarati per muoverci in un ambiente simile. L'escamotage per entrare nel mondo immaginato da Minkowski ed Einstein è quello di tralasciare qualche coordinata spaziale (tanto sappiamo bene com'è fatto lo spazio a tre dimensioni) per far subentrare quella temporale, prendendo per esempio come partenza un mondo piatto in cui gli oggetti bidimensionali si possano muovere solo avanti-indietro e sinistra-destra: a pensarci bene non è nemmeno una approssimazione tanto lontana da molte situazioni reali, visto che quando siamo per esempio in bici non abbiamo modo ne di volare ne di scavare e quindi i nostri spostamenti sono, ci permettiamo di dire, a due dimensioni. A questo punto dobbiamo aggiungere la dimensione temporale che possiamo immaginare come tutti i fotogrammi del percorso che faremo in bici, magari sovrapposti uno sull'altro come in una risma di fogli, in pratica un cubo in cui la traiettoria nello spazio e nel tempo sia rappresentata da una linea che congiunge i vari punti (uno per foglio) in cui la bici si è trovata durante il tragitto.

Ancora più semplicemente vorrei introdurvi alla analogia che prediligo: pensate  ad una pellicola di un film in proiezione, dove ogni fotogramma rappresenta uno dei fogli immaginati prima; ora proviamo ad immaginare di essere seduti e di guardare il film che inizia con la bici ferma e di misurare la velocità con cui i fotogrammi scorrono davanti ai nostri occhi o meglio la velocità della pellicola: troveremo che in quel istante il nastro viaggia a circa 300.000 km/s (ricordiamo che lo scorrere dei fotogrammi rappresenta lo scorrere del tempo).
Ad un certo punto la  bici parte col suo ciclista, sempre inquadrata nel nostro fotogramma, e raggiunge la velocità di 100 km/s (è una bici truccata oppure il ciclista è dopato), mentre noi ci apprestiamo a misurare nuovamente la velocità della pellicola per rilevare che questa invece ha rallentato a 299900 km/s; niente di strano, infatti sappiamo bene che, a causa della relatività ristretta, gli oggetti in movimento rallentano il loro orologio che visto da un osservatore esterno (ricordiamo che noi siamo seduti ed il film lo guardiamo), ci apparirà rallentato.



Se quindi il ciclista riuscisse pedalando ad arrivare a 200000 km/s troveremo che la pellicola sarebbe rallentata a 100000 km/s e quindi il film apparirebbe come uno slow motion; quello che però vorrei che notaste è che la somma delle velocità della pellicola (cioè dello scorrere del tempo) e della bicicletta è sempre 300000 km al secondo che poi non è altro che la velocità della luce:
questo sta a significare che ogni cosa nell'universo corre alla velocità della luce ma, siccome la velocità si scompone nelle varie direzioni dello spazio-tempo, nella nostra apparente quiete spaziale di spettatori seduti, noi corriamo a grande velocità nella direzione del tempo, e ciò attenua gli effetti relativistici nella nostra esperienza quotidiana (anche quando ci stiamo muovendo nelle dimensioni spaziali a piccole velocità).


Tale rivelazione ci mette innanzi ad alcune considerazioni molto interessanti:

1) i fotoni che compongono lo spettro elettromagnetico (come per esempio la luce visibile) viaggiano alla velocità della luce diretti esclusivamente nelle tre direzioni spaziali e quindi la loro pellicola (per tornare al film proiettato in precedenza) è completamente immobile e si trovano al di fuori del tempo, senza mai che un secondo sia trascorso per loro dal Bigbang, come degli eterni highlanders;
2) i fotoni sono privi di massa ed è questa la ragione che permette loro di raggiungere la velocità della luce nella direzione spaziale;
3) l'uomo in bici possiede una massa quando è fermo  (massa a riposo) ma durante la corsa la sua massa aumenterà (massa relativistica che sarebbe meglio indicare come energia totale) a causa delle conseguenze della relatività ristretta.

Rimanendo nel nostro cinema virtuale, vuoi mica vedere che l'inerzia in eccesso, che si crea acquistando velocità nelle direzioni spaziali, finisce per appesantire la pellicola (la dimensione temporale) che sarà costretta a rallentare, essendo il motore del proiettore (dell'universo) sempre lo stesso per tutti gli attori e gli spettatori di questo film?

giovedì, gennaio 10, 2013

Dal big bang allo schiuma party


Seppure sia la teoria attualmente più sostenuta dal mondo scientifico (ma anche da quello mediatico come soggetto di facile spettacolarizzazione), nell'opinione comune di noi ignoranti è molto difficile immaginarsi il Bigbang come nascita dell'universo intero, e se poi ci aggiungiamo che non è solo un fatto di creazione di materia bensì della genesi dello spazio e del tempo come noi lo percepiamo, allora ci viene il mal di testa e giriamo lo sguardo per distrarci sul colore del maglione all'ultima moda o sul modello del nuovo smartphone appena uscito nei negozi.

A volte cercare di visualizzare concetti così lontani dalla nostra esperienza e dalla nostra scala di grandezza richiede uno sforzo di fantasia ed immaginazione, ma tentare vale la pena e non costa nulla: proviamo a prendere una goccia di detersivo superconcentrato che, fino a quando è lasciata sola ed in pace, rimane stabile e nulla accade; poi aggiungiamo un poco d'acqua e misceliamo con forza ed inizierà a formarsi una quantità di schiuma sempre maggiore fino ad arrivare ad un volume impressionante che presto riempirà lo spazio intorno. Se ripetiamo l'esperimento all'aperto e ci aggiungiamo un bel ventilatore che sparga la schiuma ai quattro venti ecco che abbiamo organizzato uno schiuma party!! 

Ebbene il Bigbang assomiglia molto ad una di quelle feste in cui si viene cosparsi di schiuma generata da speciali cannoni alimentati da qualche goccia di apposito sapone.
Infatti l'universo non è altro che materia sparpagliata a casaccio e probabilmente generata da una sola goccia concentratissima che ad un certo punto è esplosa, per cause molto difficili per ora da definire; comunque immaginiamo anche di fare tutto ciò nel vuoto (anche se forse in assenza di aria addio bolle) e vedremo la schiuma continuare a spandersi in tutte le direzioni, sflilacciarsi sempre di più fino a formare piccoli mucchietti separati di bolle sparse (che nella nostra analogia costituiscono le nebulose di gas), separate da distanze che rappresentano il tessuto dello spazio e del tempo,  fino poi a ricondensarsi in piccole gocce d'acqua che rappresentano gli ammassi e le galassie stesse (figurarsi poi che ogni galassia è formata da milioni di sistemi stellari come il nostro). 

Certamente l'universo è più complesso di così, e la materia non è solo formata da acqua e sapone però il Bigbang preferisco immaginarlo come un cannone spara schiuma che come una bomba nucleare che esplode...
E poi cosa c'era prima del Bigbang? Probabilmente una festa meno divertente!

domenica, gennaio 06, 2013

Tanti, ma Quanti?

Uno degli aspetti sbalorditivi della natura si presenta ai nostri occhi come un pacchetto; un regalo per i fisici di inizio novecento che, alle prese con la catastrofe ultravioletta (una errata previsione delle teorie classiche), aspettarono Einstein e la sua scoperta dell'effetto fotoelettrico (nobel nel 1921) per spacchettare l'omaggio di Max Planck e la sua ipotesi quantistica del 1901.
Ebbene, nel pacco c'era un pacchettino, meglio dire un "quanto", perché oltre alla materia, che già si immaginava essere composta da mattoncini chiamati atomi, anche l'energia si presentava in pastiglie inscindibili chiamate fotoni. Da allora tutto è stato scoperto essere impacchettato, dallo spin degli elettroni, alle forze di interazione tra quark, al tempo.

Ma perché ci dovrebbe stupire tanto che la natura si presenti in tanti "quanti"? Nella fisica classica si è abituati a maneggiare grandezze analogiche, ma anche l'esperienza quotidiana ci lascia intuire che le vastità che ci circondano siano infinitesimamente suddivisibili; il fatto è che i pacchetti di cui stiamo parlando sono veramente piccoli, di una dimensione a noi quasi inimmaginabile, ed al nostro livello macroscopico è difficile intuirli così come è arduo intuire la dimensione dell'universo; naturalmente ci risulta anche non presagibile che il tempo stesso sia suddiviso in istanti, fotogrammi del reale che non possono più essere scissi.

Eppure basta immaginare l'architetto universale, la natura, che dovendo scegliere se costruire "il tutto" utilizzando come fondamenta un evanescente struttura diluibile infinitesimamente, oppure pacchetti ben definiti da poter appoggiare l'uno all'altro, prediliga questa seconda scelta.

venerdì, gennaio 04, 2013

Lo sporco doppio gioco degli elettroni

Il più "bel esperimento di sempre", come è stato definito, consiste nello sparare particelle elementari contro una parete in cui sono state praticate due minuscole e ravvicinatissime fenditure in modo che alcune di queste particelle riescano a passare dall'altro lato per andare a "spiaccicarsi" contro una lastra sensibile che visualizzerà i punti di impatto.

Se ripetessimo l'esperimento a livello macroscopico ed al poligono di tiro sparassimo proiettili in modo che questi, infilandosi nelle fenditure, andassero ad impattare sul bersaglio posto qualche metro dietro, il risultato constaterebbe di due strisce di buchi corrispondenti in traiettoria alle fenditure per le quali sono volati; se invece provassimo ad adattare l'esperimento a qualche generatore di onde, per esempio un altoparlante che riproduce un suono ad una certa frequenza, ed interponendo il solito schermo con le due fenditure tra l'origine del suono ed un rilevatore dello stesso, ci accorgeremmo che il risultato è rappresentato da una serie di regioni dello spazio in cui il suono è più forte ed altre in cui c'è il silenzio assoluto: lo stesso varrebbe per un generatore di onde d'acqua, di onde radiofoniche, luminose, etc... perché ciò che accade ad un onda che attraversa due fenditure è di scindersi in due onde uguali che interferiscono tra loro dando origine a zone in cui i picchi d'onda si sommano alternate ad altre in cui si elidono.


La conseguenza è che l'esperienza delle due fenditure è cruciale per capire se la fonte che noi proiettiamo verso lo schermo ha origine ondulatoria o particellare ed è stato quindi adattato in forme diverse fino a riuscire ad ottenere uno schema attuabile anche per gli elettroni e da qui in avanti le sorprese non sono più finite: innanzi tutto gli elettroni sparati che attraversano le fenditure arrivano sullo schermo rilevatore come punti ben definiti, proprio come un proiettile, e lasciando aperta una fenditura sola il risultato è la classica striscia di puntini (come sullo schermo del poligono); aprendo contemporaneamente le fenditure osserviamo la prima stranezza, perché otteniamo invece una sequenza di strisce, classica delle interferenze tra onde.

Chiaramente la prima cosa che si pensa è che probabilmente gli elettroni che passano le fenditure quasi contemporaneamente interferiscano in qualche modo tra di loro al di la dello schermo, ma anche ripetendo l'esperimento in modo da distanziare i lanci di elettroni l'uno dall'altro con la sicurezza che uno solo alla volta passi le fenditure, l'immagine di interferenza non scompare (l'elettrone interferisce con se stesso?). 
Durante i primi test i fisici sperimentali pensarono che la cosa più logica da fare era mettere un rilevatore vicino alle fenditure per capire cosa accadesse e da quale fenditura passasse il singolo elettrone ma il risultato fu sconcertante: con la presenza dei rilevatori l'immagine di interferenza veniva sostituita dalle due strisce tipiche del comportamento particellare: l'osservazione degli elettroni fa collassare la funzione d'onda.

Raccontato così l'esperimento delle due fenditure  può sembrar appartenere più ad una esperienza spirituale che ad una prova scientifica ed è comunque alla base delle interpretazioni che hanno dato origine alla fisica quantistica ed alla evidenza della doppia natura delle particelle, corpuscolare ed ondulatoria. Vorrei però tentare di demistificare agli occhi degli osservatori "ignoranti" quello che accade durante l'esperimento delle due fenditure. Innanzi tutto dobbiamo tenere presente che le fessure dell'esperimento sono ad una distanza che è della scala delle dimensioni dell'elettrone-proiettile (e questo è stato tra l'altro uno dei problemi maggiori per realizzare l'esperimento),  poi considerare che le particelle elementari sono associate ad una lunghezza d'onda (De Broglie) e cioè ad una specie di vibrazione e, per concludere, che non si può pensare ad un minuscolo oggetto quantistico come ad un massivo proiettile di metallo ma per fare una similitudine col macrocosmo immaginarlo come una pallina gelatinosa che vibra.

Si tratta chiaramente di una analogia impropria per molti aspetti ma cosa accadrebbe se sparassimo proiettili gelatinosi e vibranti attraverso due fenditure poste tra loro ad una distanza non maggiore delle dimensioni del proittile stesso? Provo ad immaginare che in molti casi il proiettile venga diviso in due dal filetto che distanzia le fenditure per poi ricomporsi subito dopo, ma siccome nel mentre la gelatina continua a vibrare, nel ricomporsi il molle proiettile subisce una deviazione di traiettoria legata alla frequenza della vibrazione stessa; e quando mettiamo il rilevatore vicino alle fenditure?
Ma certo, lo sanno tutti che la gelatina tende ad appiccicarsi qualsiasi cosa incontri per la sua strada!!




mercoledì, gennaio 02, 2013

Il paradiso degli scienziati


Normalmente la fine di un anno coincide con momenti di bilancio, è una scusa per trovare il tempo di riguardare indietro e capire come sono andate le cose, come sarebbero potute andare; immagino che per il lavoro di uno scienziato invece il 31 dicembre sia poco cruciale se non per qualche scadenza fiscale o burocratica (me li immagino annoiati a fare l'inventario del laboratorio), perché il lavoro di ricerca già  necessita di una valutazione costante, e quotidiana. 

Il mio augurio per l'anno nuovo a tutti noi "ignoranti" è quello di riuscire ad imitare i ricercatori nel metodo della vita di tutti i giorni, ritagliando minuti essenziali per riflettere, comprendere, decidere, così come fanno gli studiosi che costantemente mettono in discussione i loro risultati ed i loro metodi per raggiungere gli obiettivi e le scoperte che poi cambieranno col tempo le nostre vite: le scelte di ognuno di noi dovrebbero essere altrettanto cruciali per la nostra esistenza.

E sarà forse il destino che ha voluto concludere proprio alla fine dell'anno la centenaria avventura della ricercatrice italiana più conosciuta nel mondo, la Scienziata-senatrice Rita Levi Montalcini, una figura che forse sembrava appartenere, per educazione e portamento, non al secolo scorso ma a quello ancora precedente, ma la cui figura, essendo donna di scienza, non combaciava nella sostanza di ciò che faceva e pensava ad alcun periodo storico specifico; aveva dichiarato in qualche intervista di non credere in alcun Dio, ma essendo famosa per la curiosità indomabile, immagino che qualche pensiero su cosa la stesse attendendo al di là della soglia della vita, lo avesse avuto.


A me piace immaginare l'esistenza di un non luogo in un non tempo, dove tutte le menti degli scienziati si trovino raccolte ad osservare il codice primordiale che regola il nostro universo, senza strumenti o rilevatori come hanno instancabilmente fatto per tutta la vita, ma semplicemente immersi e connessi  ad esso, potendo finalmente scrutare i segreti del DNA, l'infinitesimo mondo dei bosoni, le ragnatele del tessuto spazio-temporale, le leggi della simmetria, in un estasi senza fine che ripaghi il sacrificio di una vita donata alla ricerca della verità.
Buon anno a tutti.