domenica, aprile 13, 2014

temporeggiando (l'elettrone che non cade mai sul protone)


L'immagine del fiume che scorre ci riporta spesso al trascorrere del tempo e ci immerge mentalmente nell'acqua che con il suo flusso incessante trasporta qualsiasi cosa in direzione della corrente. Come molti altri aspetti del mondo che ci circonda, anche il tempo è percepito nella scala in cui noi esseri umani assimiliamo i fenomeni, e non a caso i riferimenti che utilizziamo sono la naturale derivazione di questi ultimi: suddividere le nostre esistenze in anni, mesi e giorni è solo il modo più semplice di utilizzare il grande orologio universale che con le varie rotazioni e rivoluzioni celesti ci indica quante volte la Terra ha girato intorno al Sole, quante ha girato su se stessa e via dicendo.

Ma se fossimo una minuscola particella, un elettrone per esempio, quale riferimento potremmo utilizzare per organizzare il nostro tempo? Difficile a dirsi perché l'esplorazione dei fenomeni a scale così ridotte è appena iniziato (diciamo da un centinaio di anni) ed i risultati sono spesso incomprensibili o difficilmente interpretabili. Ed allora partiamo con il solito giochino mentale e cerchiamo di immaginare l'inimmaginabile.

Entriamo per semplicità in un mondo bidimensionale e visualizziamo lo spazio dell'universo come una ragnatela piatta e fittissima (il tessuto spaziale); prendiamo una briciola (un pezzo di materia) e poniamola al centro della tela, e poi lasciamo cadere tutto nel vuoto (tale caduta rappresenta l'inizio dello scorrere del tempo).
Durante la caduta (il tempo che passa) immaginiamo che la nostra ragnatela sia circondata da una specie di vapore che viene assorbito solo dal pezzettino di materia mentre il resto della tela lo lascia traspirare senza interagire (il vapore rappresenta il campo di Higgs responsabile dell'esistenza della massa). Ciò che accadrebbe è che la continua interazione tra la briciola ed il vapore originerebbe uno scuotimento in grado di provocare delle minuscole onde nella tela in caduta (invisibili per noi umani, ma non certo per un minuscolo elettrone).


Se tali movimenti sussultori rappresentassero qualcosa nel mondo reale come potremmo spiegarli?
Supponiamo quindi che il comportamento del tessuto spaziale sia proprio quello descritto in precedenza e che la nostra briciola fosse un protone con carica positiva.
Immaginiamo che alcuni elettroni si trovino in prossimità del protone in caduta: mentre quest'ultimo possiede una discreta massa che è indice di una forte interazione con il vapore (di Hisggs), gli elettroni hanno una massa infinitesimale, il che indica uno scarsissimo assorbimento e quindi quasi nessun effetto sulla ragnatela.



Essendo poi carichi negativamente gli elettroni verrebbero attirati dal polo protonico positivo al centro dell'onda e cercherebbero di avvicinarsi il più possibile, così come si attirano i poli opposti di una calamita; l'energia prodotta dall'onda però tenderebbe a mantenerli in equilibrio ad una certa distanza.


Un altro significato interessante dell'onda nello spazio-tempo è che la fluttuazione verso l'alto ed il basso rappresenterebbe un continuo pendolamento nel passato e nel futuro; in pratica se fissiamo la linea del presente al centro della massa del protone in caduta, osserviamo che il nostro universo bidimensionale, non più completamente piatto, oscilla in parte verso la direzione dalla quale la tela cade ed in parte nel verso dove è diretta.
Se a prima vista questa interpretazione può sembrare che utilizzi una visione classica in opposizione con la teoria quantistica del microcosmo, in realtà la fluttuazione ipotizzata, se riportata in una realtà quadridimensionale, apparirebbe come un continuo saltellare dell'elettrone nello spazio e nel tempo, in accordo con le osservazioni che hanno prodotto l'interpretazione quantistica.


Questo potrebbe significare che, mentre a livello macroscopico la netta distinzione tra passato presente e futuro e perfettamente comprensibile, nelle minuscole pieghe del mondo quantistico tale distinzione è meno marcata se non forse addirittura impercettibile, fino a poter immaginare che tale rappresentazione sia alla base stessa della percezione del tempo nel mondo macroscopico.