domenica, gennaio 17, 2016

vetro quantistico

Uno degli esempi più chiari, o forse meglio dire trasparenti, del fatto che viviamo in un mondo quantizzato (cubettolandia), è il vetro. Infatti non ci chiediamo spesso del perché il vetro lasci passare la luce mentre gli altri materiali no, ma se ci pensate è davvero un bel mistero: inoltre è impossibile immaginare un mondo senza vetro e quindi senza finestre, senza occhiali, senza cannocchiali, e chissà quante altre tecnologie basate su di esso. In realtà se ci soffermiamo su come sono fatti gli atomi che ci compongono la domanda potrebbe avere facile risposta; infatti gli atomi sono per lo più fatti di vuoto, un nucleo grosso come un oliva al centro di uno stadio, dove gli elettroni sono dei moscerini che girano impazziti sugli spalti: insomma praticamente tutto completamente vuoto. A questo punto non sembra più molto strano che luce passi attraverso la materia, se non fosse che normalmente non lo fa!! Quindi la domanda dovrebbe diventare all'incirca questa: ma perché non siamo tutti trasparenti come il vetro visto che siamo praticamente fatti di vuoto?


La risposta sta proprio nel modo in cui l'universo funziona e cioè a piccoli pacchetti; la luce è composta da quanti di energia (dei minuscoli pacchi) e gli elettroni che girano attorno al nucleo possono assorbire solo i pacchi di una determinata "dimensione". Ciò che accade è che i normali materiali che ci circondano hanno elettroni sul loro confine esterno in grado di assorbire praticamente tutti i pacchetti di cui la luce visibile è composta (tranne quelli del colore di cui ci appaiono). Il vetro invece possiede degli elettroni esterni ad uno stato energetico che non gli permette di assorbire i fotoni (così si chiamano i pacchetti) e questi passano indisturbati rendendolo trasparente alla luce visibile (ma per esempio non ai fotoni ultravioletti che invece portano pacchi delle dimensioni adeguate per essere assorbiti). Quindi se non fossimo in un modo quantizzato non potremmo guardare dalla finestra, ingrandire le immagini, guardare la televisione, giocare a biglie, guardare bene ciò che stiamo per bere, smanettare lo smartphone, andare dall'ottico, raccontare di Cenerentola, etc,  etc...

sabato, gennaio 16, 2016

Un mondo indeterminato?

Il Principio di Indeterminazione di Heisenberg è uno trai concetti della fisica quantistica ad essersi diffuso nel immaginario comune; dice che non si possono mai conoscere simultaneamente la posizione esatta e la velocità precisa di un oggetto molto piccolo. L'indeterminazione è spesso spiegata come risultato di una perturbazione in cui l'atto di misurazione della posizione di un oggetto cambia la sua velocità, o viceversa (e questo comunque accade). Invece la vera origine dell'indeterminazione è più profonda e più strabiliante. Secondo la meccanica quantistica, il Principio di Indeterminazione esiste perché tutto nell'universo si comporta sia come una particella che come un'onda. In questo quadro la posizione esatta e la velocità precisa di un oggetto non hanno senso. Per capire ciò, dobbiamo pensare a cosa significa agire come una particella o come un'onda. 


Le particelle, per definizione, esistono in un unico punto in ogni istante nel tempo e la loro natura puntiforme viene osservata quando interagiscono con altri oggetti (compresi gli strumenti di misura). Le onde sono perturbazioni che si diffondono nello spazio come le increspature sulla superficie dell'acqua. Identifichiamo chiaramente elementi dello schema dell'onda nella sua interezza, soprattutto la sua lunghezza d'onda, che è la distanza tra due picchi adiacenti, o due valli adiacenti. Ma non possiamo assegnargli una sola posizione. Ha una buona probabilità di trovarsi in molti punti diversi. La lunghezza d'onda è essenziale per la fisica quantistica: la lunghezza d'onda di un oggetto è collegata alla sua quantità di moto (cioè massa per velocità). Un oggetto piccolo che si muove veloce ha una grande quantità di moto, il che corrisponde a una lunghezza d'onda molto breve. Un oggetto pesante ha una grande quantità di moto anche quando non si muove molto velocemente, il che implica, di nuovo, una lunghezza d'onda molto breve: ecco perché non notiamo la natura ondulatoria degli oggetti quotidiani. Se lanci una palla da calcio in aria, la sua lunghezza d'onda è un miliardesimo di trilionesimo di trilionesimo di metro, decisamente troppo breve per essere rilevata. 

Invece gli oggetti microscopici, come gli atomi o gli elettroni possono avere lunghezze d'onda abbastanza grandi da essere misurate in esperimenti di fisica. Quindi, se abbiamo un'onda pura, misuriamo la sua lunghezza d'onda, e dunque la sua quantità di moto (massa X velocità), ma senza la sua posizione. Possiamo conoscere esattamente la posizione di una particella nel momento in cui la intercettiamo, ma essa non ha più una lunghezza d'onda, quindi non possiamo conoscere la sua quantità di moto. Per avere sia la posizione sia la quantità di moto di una particella dobbiamo fondere le due nature, ondulatoria e particellare, per creare un oggetto che ha le onde ma confinate in una piccola porzione di spazio. Come possiamo realizzarlo? Combinando le onde con le diverse lunghezze d'onda, il che vuol dire dare al nostro oggetto quantistico la possibilità di avere diverse quantità di moto. 


Quando sommiamo due onde, scopriamo che ci sono dei luoghi dove i picchi si allineano, creando un'onda più grande, e altri luoghi dove i picchi di una riempiono le le valli di un'altra. Il risultato sono aree dove vediamo delle onde separate da aeree di vuoto assoluto. Se aggiungiamo una terza onda, le aree dove le onde si annullano diventano più grandi, con una quarta aumentano ancora, e le aree con le onde si fanno più strette. Se continuiamo ad aggiungere onde, possiamo creare un pacchetto di onde con una ben distinta lunghezza d'onda in una piccola area.  Questo è un oggetto quantistico con una natura sia di onda sia di particella, ma per ottenere ciò, dobbiamo perdere la certezza sia della posizione sia della quantità di moto. Le posizioni non sono riconducibili ad un singolo punto. C'è una buona probabilità di trovarle all'interno di un qualche intervallo dal centro del pacchetto d'onda ed otteniamo il pacchetto d'onda sommando molte onde, il che vuol dire che c'è la probabilità di trovarla con la quantità di moto corrispondente ad una di queste. 

Sia la posizione sia la quantità di moto sono ora indeterminate, e le indeterminazioni sono connesse Se si vuole ridurre l'indeterminazione della posizione creando un pacchetto d'onda più piccolo bisogna aggiungere più onde, il che vuol dire ingrandire l'indeterminazione della quantità di moto. Se si vuole conoscere meglio la quantità di moto si necessita di un pacchetto d'onda più grande che vuol dire aumentare l'indeterminazione della posizione. Questo è il Principio di Indeterminazione di Heisenberg formulato per la prima volta dal fisico tedesco Werner Heisenberg nel 1927. Tale indeterminazione non dipende da una buona o da una cattiva misurazione, ma è il risultato inevitabile derivante dalla combinazione della natura di particella e di onda. Il Principio di Indeterminazione non è solo un limite pratico in misurazione, è un limite sulle proprietà che un oggetto può avere, insito nella struttura fondamentale dell'universo stesso: od almeno è quello che la meccanica quantistica ci descrive nella sua interpretazione più ortodossa.

Estratto da https://www.youtube.com/watch?v=TQKELOE9eY4