domenica, settembre 28, 2014

L'eco del vuoto

Uno dei ricordi più nitidi che ho delle prime gite in montagna è sicuramente quello degli urli a squarcia gola lanciati in direzione di qualche parete rocciosa, per sentire poi il rimbombo della mia voce tornare con qualche attimo di ritardo; sembrava incredibile che le urla potessero viaggiare per tutta la valle per poi rimbalzare e tornare indietro. Eppure se provassimo a rifare la stessa cosa nello spazio vuoto non sentiremmo ne la voce partire ne tanto meno ritornare indietro; l'assenza di aria sarebbe la fine dei suoni, che per propagarsi necessitano di un mezzo (solido, liquido o gassoso).

Nonostante questa consapevolezza, ascoltando una conferenza tenuta dal Prof. Michelangelo Mangano, fisico teorico al CERN, ho sentito una definizione che mi ha molto colpito:

il bosone di Higgs  è l'eco del vuoto.

Praticamente un ossimoro, questo aforisma scientifico nasconde una realtà fisica molto concreta ed ora quasi tangibile: se esiste il campo di Higgs (o meglio di François Englert - Robert Brout - Peter Higgs , per completezza bisogna citare tutti e tre i teorizzatori), cioè se lo spazio vuoto è permeato in modo uniforme da una forza invisibile (immaginate il campo magnetico che c'è ma non si vede) questo è la causa della formazione della massa cioè della caratteristica fondamentale che caratterizza le particelle, che attraversandolo perdono velocità ma acquisiscono corpo.
Per poter funzionare questo campo deve essere così denso che se riuscissimo a sbattergli qualcosa contro, alla giusta forza e frequenza, dovremmo rilevarne l'eco profondo, allo stesso modo in cui, quando colpiamo un coperchio di una pentola questo comincia a tremare producendo una vibrazione e quindi un suono.

Questo hanno fatto al CERN, hanno sbattuto così forte due protoni l'uno contro l'altro in modo che l'energia dell'impatto fosse quella necessaria a far vibrare il vuoto (e quello di cui è composto) ed il risultato è stato l'inafferrabile bosone (insieme alla solita pletora di particelle già conosciute), tanto sfuggente che tra miliardi di collisioni è apparso comunque pochissime volte, ma abbastanza da aver dato la certezza della sua esistenza.
Ormai ne siamo quasi sicuri, il vuoto è qualcosa di quantisticamente molto denso ed è molto lontano dall'essere il nulla: ma come è possibile che il vuoto ci appaia così vuoto se non lo è?

In realtà quasi tutte le forze ci risultano invisibili anche se il loro effetto a volte è così lampante da non lasciare dubbi sulla loro presenza, ma in ogni caso a partire dalla gravità ad arrivare al elettromagnetismo non è sempre stato facile accettare che le cose funzionassero in modo a prima vista imperscrutabile; questo accade anche per il campo di Higgs che permea il vuoto, e seppur invisibile permette alla materia di esistere come la vediamo. Se non ci circondasse perennemente una sorta di melma quantistica, gli atomi di cui siamo composti non solo non starebbero assieme ma neanche potrebbero esistere perché le particelle che li compongono (defraudate della loro massa) sfreccerebbero via alla velocità della luce!

Quindi ringraziamo l'invisibile campo che ci circonda, ci permette di esistere e di lanciare ancora qualche grida verso l'apparente nulla, rinnovando lo stupore per l'eco della nostra voce e per le leggi della natura.




domenica, settembre 21, 2014

Troll quantistici

Tutti gli esperimenti che hanno dato origine alle varie interpretazione della meccanica quantistica hanno qualcosa in comune; spingono le particelle nel loro micro universo a compiere strane evoluzioni che nel mondo fisico reale accadono raramente ed in alcuni casi mai.
Dall'entaglement quantistico all'esperimento delle due fenditure, i fisici hanno investigato la natura spingendosi ai confini della comprensione sfruttando le proprietà degli oggetti quantici che però nel mondo macroscopico non sono praticamente mai osservabili;
prendiamo ad esempio l'esperimento EPR che descrive la correlazione quantistica di una coppia di oggetti appositamente creata per avere qualità complementari: in laboratorio si potrebbe dar origine ad un elettrone ed un antielettrone per poi separarli prima che possano annichilirsi e spedirli a distanza l'uno dall'altro in modo che neanche la luce possa percorrere tale distanza in tempo utile (normalmente si usano degli economici fotoni ma l'immagine delle antiparticelle mi intriga di più).

Il problema è che tutto il procedimento da mettere in atto per testare la correlazione (entaglement) tra i due oggetti è qualcosa di assolutamente arbitrario e forzato, e che in natura non accadrebbe praticamente mai, e lasciate libere, a seguito di una creazione di particella ed antiparticella, queste si annichilirebbero in qualche nanosecondo: tra l'altro proprio la propensione della natura a non creare coppie correlate quantisticamente per poi separarle, sta alla base delle difficoltà che i ricercatori hanno incontrato prima nel realizzare l'esperimento EPR ed oggi stanno incontrando nella realizzazione del computer quantistico.

Ciò che vorrei dire è che gli esperimenti sono alla base della conoscenza in quanto permettono di capire, anche da stranezze ed anomalie, le caratteristiche di alcuni aspetti della natura, ma ciò non significa che la natura delle cose sia così strana ed anomala. Gli oggetti che vediamo e percepiamo attorno a noi sono reali e come diceva Einstein "la luna esiste anche quando non la vediamo"; questo non vuol dire che creare per esempio nuovi atomi artificiali per allungare la tabella periodica degli elementi sia una cosa sbagliata, ma rimane il fatto che quegli elementi non esistono sulla Terra e non saranno mai stabili e scompariranno in un attimo se lasciati liberi.


Facciamo riferimento ad un altro celebre esperimento, quello della doppia fenditura, che è alle fondamenta della interpretazione che le particelle siano degli oggetti che percepiscono lo sguardo indiscreto dell'osservatore, e si comportino di conseguenza ingannando gli studiosi che prima percepiscono la natura ondulatoria della particella ma dopo averla osservata ne rilevano la sua composizione corpuscolare; il fatto è che l'oggetto quantistico è il conseguente anello di congiunzione tra energia ondulatoria e pacchetto di materia, e se è vero che l'energia equivale in qualche modo alla massa, ci deve essere per forza un momento di transizione tra questi due aspetti della natura apparentemente così distanti. La particella è proprio l'anello di congiunzione, il punto di transizione di stato ed è per questo ci può apparire sia come onda che come corpuscolare.

Il mondo quantico è la terra di mezzo, non quella di confine: quello che troveremo al di là, che siano stringhe, membrane o minuscole dimensioni arrotolate, sarà in ogni caso un mondo fatto esclusivamente di energia, di vibrazione e di spazio; sempre meglio dei troll e dei folletti.

martedì, agosto 19, 2014

La dieta del fotone

Certo che la prova costume terrorizza, molte volte fondatamente, chi è in partenza per qualche località balneare ma tra le particelle del modello standard (i mattoncini che compongono l'universo) c'è ne una che non ha mai, ed intendo mai dall'inizio dei tempi, dovuto preoccuparsi del proprio peso: il fotone. Nonostante appartenga alla famiglia dei bosoni, il cui nome sembrerebbe ricordare elementi ben corposi, il fotone è completamente privo di massa, mentre in effetti gli altri membri del gruppo, tranne i gluoni, hanno qualche problema in più a mostrare la loro silhouette.

I bosoni non sono altro che le particelle che si occupano di scambiare le forze (portano l'energia da una particella ad un altra), ed i fotoni in particolare sono i messaggeri della forza elettromagnetica; ma perché alcune particelle avrebbero massa ed altre no? E' stato uno degli enigmi che ha spinto i fisici alla ricerca del bosone di Higgs, per confermare la teoria che lo stesso Higgs aveva sviluppato ben 50 anni or sono. Esisterebbe un "campo di forza" nel quale siamo immersi (immaginatevi il campo gravitazionale nel quale ci muoviamo) e tale campo interagisce con le particelle in modo diverso donando ad ognuna di esse una massa, ad esclusione di fotoni e gluoni che restano invisibili a tale interazione.

Se vogliamo usare la fantasia possiamo pensare all'universo come una mappa di pacman: le palline sono il campo di Higgs, i fantasmini sono i fotoni (che non raccolgono le palline), mentre pacman è una delle particelle del modello standard che interagisce muovendosi nel campo e mangiando le palline: unica variante è che man mano che raccoglie, pacman diventa più massiccio e quindi più lento, diventando facile preda dei fantasmi fotoni (che invece non rallentano mai).

Alcune riflessioni sull'esistenza del meccanismo di Higgs sono:
- le particelle che interagiscono con il campo acquistando massa non possono più muoversi alla velocità della luce, quindi solo i fotoni vagano indisturbati proprio a quella velocità 
- la massa che viene ceduta alle particelle deve provenire da una fonte di energia molto potente perché per creare anche pochissima massa ci vuole una enormità di energia e quindi o il campo è fortemente energetico (una specie di energia del vuoto) oppure le particelle possiedono già la loro energia ed il campo è solo il mezzo per la condensazione in massa
- più i bosoni sono leggeri e più hanno un campo d'azione ampio, ed infatti la forza elettromagnetica, mediata dallo snello fotone, ci permette di ricevere i raggi di luce dalle profondità dell'universo
- non possedendo massa il fotone è quindi energia pura, ma siccome trattasi anche di particella è una energia confinata (un pacchetto) che può essere assorbita ed emessa dalle particelle che interagiscono in modo elettromagnetico
- in assenza di massa potrebbe non esserci più la percezione del tempo, infatti i fotoni sono immortali e dal loro punto di vista il tempo sembra non scorrere: se così fosse si potrebbe considerare il campo di Higgs, creatore di massa e quindi anche di tempo?

Quante domande avremmo da fare al fotone, anche se la principale rimarrebbe quella per apprendere il segreto per rimanere così in forma e sempre giovane, anche se forse la risposta ovvia sarebbe che lui è perennemente a dieta.

giovedì, agosto 14, 2014

Il lenzuolo scrollato

Primo pomeriggio, cortile interno di un palazzo qualsiasi di una cittadina qualunque, silenzio surreale da fase digestiva rotto soltanto da qualche strillo catodico; dalle finestre e dai balconi, in modo apparentemente casuale, escono le massaie a sbattere con forza le tovaglie per liberarle dalle briciole del pranzo. Immagini di altri tempi ormai, abitudini che richiamavano le nostre recenti radici rurali, comportamenti tutti tesi ad eliminare ogni spreco, ed ecco che le briciole diventavano cibo per gli animali da cortile. Non importava che nel cortile condominiale non ci fossero polli e galline e le uniche bestie fossero qualche gatto e i soliti piccioni, la tovaglia andava scrollata fuori, un gesto che è improvvisamente diventato arcaico.

In quell'atto energico e deciso che si ripercuote sulla stoffa c'è però anche molta fisica, o meglio ci sono molti spunti per parlare di fisica (oltre che di sociologia)  a partire dalla teoria ondulatoria ad arrivare alle onde gravitazionali, passando per la il tessuto spazio-temporale e la relatività generale.
Quindi il lenzuolo si presta bene per analogie del mondo fisico reale ed io non posso che approfittarne.

La prima cosa stupefacente è l'onda, un concetto che ci pare familiare, soprattutto se osserviamo il mare ma che cela uno dei misteri più profondi dell'universo: l'onda non è spostamento di materia bensì è trasporto di energia, ed è proprio l'energia del movimento sul lenzuolo che lo attraversa completamente con movenza ondulatoria; però per propagarsi l'onda ha bisogno di un mezzo, il lenzuolo, senza il quale il gesto di scuoterlo non avrebbe alcun effetto. E le onde elettromagnetiche? La luce, le radiazioni, le onde radio? Su quale lenzuolo viaggiano? Evidentemente anche il vuoto che separa per esempio il Sole dalla Terra non è ciò che immaginiamo poter essere esattamente il nulla, visto che in esso l'energia si propaga sotto forma di onde. In passato si era pensato che lo spazio che ci circonda fosse intriso di una qualche sostanza invisibile chiamata etere ma gli esperimenti del secolo scorso ne hanno escluso l'esistenza.

La teoria oggi più accettata ci dice che lo spazio a livello microscopico (metri zero, seguito da 35 zeri) è simile ad una schiuma ribollente in cui le coppie di materia ed antimateria si creano e si annichiliscono in un tempo per noi impercettibile; ma i fotoni della meccanica quantistica (quelli immaginati di Einstein) non avrebbero più bisogno di un mezzo sul quale spostarsi in quanto essi stessi particelle, e quindi simili anche ad una minuscola biglia scagliata nel vuoto. Quindi il fotone è si un onda ma impacchettata, ed è anche il mezzo per trasportare l'onda stessa!


Poi il lenzuolo teso si presta ad immaginare il tessuto spaziale, immersi nel quale gli oggetti massivi creano una buca che rappresenta l'effetto gravitazionale che hanno i corpi sullo spazio-tempo deformandolo. Sono queste pieghe, più o meno profonde a secondo della massa, che risucchiano gli oggetti che passano nei paraggi, e sono queste deformazioni a deviare i raggi di luce che viaggiano per l'universo e che hanno permesso la prima verifica della teoria della relatività generale.





Infine possiamo pensare alle onde sul lenzuolo come alle increspature gravitazionali che dovrebbero propagarsi nell'universo a seguito di qualche fenomeno particolarmente violento; infatti una esplosione di supernova o lo stesso primordiale big bang dovrebbero aver creato l'effetto di scuotimento che riproduce il gesto sul lenzuolo ed alcune onde, minuscole e quasi impercettibili, potrebbero attraversare il nostro spazio-tempo anche in questo momento, anche se fino ad ora nessuno è riuscito a rilevarle.




Se è pur vero che il lenzuolo rappresenta una superficie bidimensionale e che solo le onde che lo attraversano gli impongono tridimensionalità, il nostro mondo che da tridimensionale diventa un "cronotopo" con l'aggiunta del tempo, può essere percepito proprio grazie all'analogia che permette al lenzuolo di diventare il nostro universo immaginario, nella speranza che il pranzo non finisca troppo presto e di non essere scrollati via.


domenica, luglio 13, 2014

La notte nera forse sarà meno scura

Classica domanda da bambino curioso: perché il cielo di notte è nero?
Un adulto risponderebbe senza dubbi che il motivo è la mancanza del Sole, che di giorno rischiara il cielo ma che di notte si nasconde dietro alla Terra facendo apparire tutto buio e scuro.

Certamente la luce solare è la ragione delle giornate luminose e calde ma il motivo per cui di giorno il cielo non è nero è che l'atmosfera che circonda la terra diffonde la luce facendo apparire il cielo azzurro; sulla Luna, per esempio, il cielo appare nero anche con il Sole sopra l'orizzonte. 

Quindi lo spazio è sempre nero nonostante sulla Terra a volte non ci appaia così. E perché dovrebbe stupirci la cosa? Lo spazio è pieno di stelle, si ipotizza 300.000 miliardi di miliardi, ed in un universo infinito ed eterno, la luce proveniente da questa pletora di soli incandescenti, qualunque direzione si scelga, sarebbe già giunta a rischiarare un pezzettino di cielo. Moltiplichiamo anche una flebile luce per il numero si stelle e capiamo che il cielo dovrebbe essere luminoso, giorno e notte.

Di conseguenza il fatto che il cielo di notte sia nero significa innanzi tutto che l'universo non è infinito ma che ha un limite, non un bordo spaziale, ma uno temporale, a circa 13,7 miliardi di anni. Dato che la luce viaggia attraverso l'universo, ed il viaggio dura parecchio, quando puntiamo il telescopio nel cielo, stiamo in realtà osservando indietro nel tempo. Quindi quando osserviamo la luce vecchia di 13,5 miliardi di anni, non è che non vediamo le stelle solo perché la loro luce non ci ha ancora raggiunti - non vediamo nessuna stella perché stiamo guardando l'universo nel periodo precedente alla formazione di qualsiasi stella.

In realtà i potenti telescopi quando puntato lo spazio profondo non vedono completamente nero, infatti è rilevabile una "luce" di fondo che ci arriva dagli attimi successivi al big bang.  E si rileva che questa “radiazione cosmica di fondo” arriva più o meno uniformemente da tutte le direzioni, creando un fondo oltre le stelle. Ma se i telescopi ci dicono che il cielo di notte non è nero, allora perché a noi appare nero? Le stelle e le galassie si stanno allontanando da noi perché l'universo è in espansione, quindi anche la luce del big bang si allontana velocemente, e come la sirena di un ambulanza cambia tono allontanandosi, per l'effetto doppler, la luce che si allontanano da noi diventa più rossa, e più velocemente si allontana e più rossa diventa, fino a diventare infrarossa e quindi invisibile ai nostri occhi.

Forse ora la notte vi apparirà meno buia.

FONTE: minutephysics

domenica, aprile 13, 2014

temporeggiando (l'elettrone che non cade mai sul protone)


L'immagine del fiume che scorre ci riporta spesso al trascorrere del tempo e ci immerge mentalmente nell'acqua che con il suo flusso incessante trasporta qualsiasi cosa in direzione della corrente. Come molti altri aspetti del mondo che ci circonda, anche il tempo è percepito nella scala in cui noi esseri umani assimiliamo i fenomeni, e non a caso i riferimenti che utilizziamo sono la naturale derivazione di questi ultimi: suddividere le nostre esistenze in anni, mesi e giorni è solo il modo più semplice di utilizzare il grande orologio universale che con le varie rotazioni e rivoluzioni celesti ci indica quante volte la Terra ha girato intorno al Sole, quante ha girato su se stessa e via dicendo.

Ma se fossimo una minuscola particella, un elettrone per esempio, quale riferimento potremmo utilizzare per organizzare il nostro tempo? Difficile a dirsi perché l'esplorazione dei fenomeni a scale così ridotte è appena iniziato (diciamo da un centinaio di anni) ed i risultati sono spesso incomprensibili o difficilmente interpretabili. Ed allora partiamo con il solito giochino mentale e cerchiamo di immaginare l'inimmaginabile.

Entriamo per semplicità in un mondo bidimensionale e visualizziamo lo spazio dell'universo come una ragnatela piatta e fittissima (il tessuto spaziale); prendiamo una briciola (un pezzo di materia) e poniamola al centro della tela, e poi lasciamo cadere tutto nel vuoto (tale caduta rappresenta l'inizio dello scorrere del tempo).
Durante la caduta (il tempo che passa) immaginiamo che la nostra ragnatela sia circondata da una specie di vapore che viene assorbito solo dal pezzettino di materia mentre il resto della tela lo lascia traspirare senza interagire (il vapore rappresenta il campo di Higgs responsabile dell'esistenza della massa). Ciò che accadrebbe è che la continua interazione tra la briciola ed il vapore originerebbe uno scuotimento in grado di provocare delle minuscole onde nella tela in caduta (invisibili per noi umani, ma non certo per un minuscolo elettrone).


Se tali movimenti sussultori rappresentassero qualcosa nel mondo reale come potremmo spiegarli?
Supponiamo quindi che il comportamento del tessuto spaziale sia proprio quello descritto in precedenza e che la nostra briciola fosse un protone con carica positiva.
Immaginiamo che alcuni elettroni si trovino in prossimità del protone in caduta: mentre quest'ultimo possiede una discreta massa che è indice di una forte interazione con il vapore (di Hisggs), gli elettroni hanno una massa infinitesimale, il che indica uno scarsissimo assorbimento e quindi quasi nessun effetto sulla ragnatela.



Essendo poi carichi negativamente gli elettroni verrebbero attirati dal polo protonico positivo al centro dell'onda e cercherebbero di avvicinarsi il più possibile, così come si attirano i poli opposti di una calamita; l'energia prodotta dall'onda però tenderebbe a mantenerli in equilibrio ad una certa distanza.


Un altro significato interessante dell'onda nello spazio-tempo è che la fluttuazione verso l'alto ed il basso rappresenterebbe un continuo pendolamento nel passato e nel futuro; in pratica se fissiamo la linea del presente al centro della massa del protone in caduta, osserviamo che il nostro universo bidimensionale, non più completamente piatto, oscilla in parte verso la direzione dalla quale la tela cade ed in parte nel verso dove è diretta.
Se a prima vista questa interpretazione può sembrare che utilizzi una visione classica in opposizione con la teoria quantistica del microcosmo, in realtà la fluttuazione ipotizzata, se riportata in una realtà quadridimensionale, apparirebbe come un continuo saltellare dell'elettrone nello spazio e nel tempo, in accordo con le osservazioni che hanno prodotto l'interpretazione quantistica.


Questo potrebbe significare che, mentre a livello macroscopico la netta distinzione tra passato presente e futuro e perfettamente comprensibile, nelle minuscole pieghe del mondo quantistico tale distinzione è meno marcata se non forse addirittura impercettibile, fino a poter immaginare che tale rappresentazione sia alla base stessa della percezione del tempo nel mondo macroscopico.

sabato, marzo 29, 2014

Una polaroid del big bang

E' comparsa come trafiletto su tutti i giornali ma si candida ad essere la scoperta scientifica dell'anno, e forse in ambito cosmologico anche del decennio: sono state osservate da un telescopio al polo sud, appositamente progettato, le prove che ci sia stata effettivamente l'inflazione al principio della storia dell'universo. 

Spiegata così sembrerebbe in effetti una scoperta tecnicissima, alle quali è difficile esultare o battere il cinque al nostro vicino sul bus, ma se accompagnato ad un concetto apparentemente complesso ci fosse uno sforzo nel trovare un immagine accattivante e più digeribile, forse quello scatto di entusiasmo potremmo averlo anche noi cosmo-ignoranti. Quindi partiamo alla ricerca di questa rappresentazione esaltante della notizia noiosa.

Fino dagli anni sessanta è stata rilevata la radiazione cosmica di fondo, un segnale debolissimo che ci giunge dalla spazio da ogni direzione, in qualsiasi punto rivolgiamo un radiotelescopio, e non è servito molto tempo per capire che quei fotoni (la luce e le onde radio sono semplicemente composte dalle stesse particelle) giungevano a noi direttamente dal big bang, o meglio da qualche istante successivo (questa si che sembrò essere una notizia spettacolare). 

Possiamo vedere una istantanea dei primi vagiti dell'universo, anche se preferirei dire che la radiazione cosmica di fondo assomiglia di più ad un parto, all'istante della nascita vera e propria (mentre il big bang è più simile al concepimento); eppure lo sanno tutti che l'universo è nato circa 13,7 miliardi di anni fa con il grande botto! Bene, probabilmente è avvenuto proprio questo, ma l'immagine della radiazione è una foto di come in un certo istante, la radiazione e l'energia si siano separate dalla materia, dando finalmente origine a tutto ciò che osserviamo nella forma attuale. Nella pratica, circa 400.000 anni dopo il big bang (il tempo di gestazione), mentre era in processo un lento raffreddamento, i fotoni sono riusciti a liberarsi dalla gabbia di plasma ed hanno iniziato a vagare liberi per lo spazio in espansione. 

Proprio questo spazio però ha avuto origine in un altro momento distinto e la sua formazione deve essere stata qualcosa di veramente particolare: osservando le variazioni di densità della bolla primordiale (una sorta di palla di lava minuscola e densissima scaturita appunto dal big bang), i teorici svilupparono il modello inflazionistico, che io ribattezzo in italiano della superespansione: infatti era impossibile spiegare come da una palla minuscola e quantisticamente ribollente si potesse arrivare, dopo miliardi di anni di allargamento continuo e costante, all'universo attuale che invece ci appare omogeneo e piatto in tutte le direzioni. 

Quindi partendo dalle due foto a disposizione, quella del cosmo omogeneo osservabile attualmente e quella estrapolata dalla radiazione di fondo dell'universo neonato, instabile e disomogeneo, gli scienziati hanno partorito la teoria inflazionistica o della superespansione, l'unico modo attualmente trovato per spiegare un cambiamento così radicale dalla prima situazione alla odierna, teorizzando una espansione improvvisa dello spazio, ad una velocità superiore a quella della luce (tanto lo spazio non è ne materia ne energia e non deve sottostare ai limiti della relatività). Una espansione inimmaginabile tanto che la definirei la nascita dello spazio vero e proprio, da una capocchia di spillo ad un miliardo di chilometri, in un tempo infinitesimale (un miliardesimo di secondo).

I modelli matematici ci dicono che i conti tornano molto bene e che prevedono anche altri fenomeni come la formazione di onde gravitazionali durante la superespansione dello spazio; queste onde che incresparono il tessuto spazio temporale, proprio come quando scuotiamo una tovaglia per ripulirla, impressero ai fotoni della radiazione primordiale delle particolari direzioni di propagazione, delle polarizzazioni, come se le briciole sulla precedente tovaglia volassero via in particolari direzioni  in base alla forza con la quale la scuotiamo. In realtà ai fotoni in fuga venne impressa una particolare polarizzazione, proprio come quando una lente polaroid filtra la luce facendo passare solo i fotoni che appartengono allo stesso piano di propagazione.

Ed arriviamo  alla notiziona: se il modello teorico predice tutte questi fenomeni, quelli osservati e quelli no, possiamo andare alla ricerca di questi ultimi per avere ulteriore conferma della teoria!
Quindi si è costruito appositamente un osservatorio al polo sud, il BICEP2, per misurare alcune caratteristiche dei fotoni della radiazione di fondo predette dalla teoria della superespansione e neanche a crederci i dati sulla polarizzazione dei fotoni sono perfettamente coerenti con le predizioni.

Un'altra polaroid della storia del nostro universo ed un altro grosso applauso agli scienziati paparazzi. 


domenica, marzo 09, 2014

La storia dell'Universo in 3 minuti

Nulla, nulla, nulla, niente, nulla, nulla, fluttuazione quantistica, materia e antimateria annichiliscono, nulla di fatto, nulla, nulla, niente, nulla, nulla, nulla, nulla, fluttuazione quantistica, materia e antimateria si separano, BIG BANG! L'orologio comincia a camminare...
(10^-10 sec = 0,0000000001 secondi!!!)

(10^-43 secondi) Tanta energia (in realtà tutta la materia e l'energia dell'Universo), no spazio, tantissimo caldo (miliardi di miliardi di miliardi di gradi)

(10^-35 secondi) Troppo allo stretto con sto caldo, improvvisa creazione dello spazio, tanto caldo (milioni di miliardi di miliardi di gradi)

(10^-32 secondi) Finalmente si sta al largo (un miliardo di chilometri), appaiono le forze in modo separato (nucleare,gravità) , meno caldo (milioni di miliardi di gradi)



(10^-6 secondi) Finalmente si sta al fresco (miliardi di gradi), i quark possono interagire per creare gli adroni (i mattoncini della materia), l'espansione dello spazio continua (100 miliardi di Km)

(100 secondi) Ora c'è spazio per tutti (1000 miliardi di Km), i mattoncini possono interagire per creare la materia come la vediamo oggi (elio), sempre più freddo (1 miliardo di gradi)

(3 minuti dal BIG BANG) Dalla accecante luce di plasma iniziale ora tutto sembra più opaco anche se la temperatura media è di 100 milioni di gradi, si creano i primi atomi di idrogeno

(300 000 anni) Ormai si è innescato il processo di creazione di atomi mentre la luce nata dalla improvvisa espansione continua a vagare nello spazio lasciando una radiazione di fondo

(200 milioni di anni) Nascono le Megastelle

(500 milioni di anni) Nasce la stella più antica che l'uomo sia riuscito ad osservare HE 1523-0901

(1 miliardo di anni) Nascono probabilmente le prime galassie

(3,7 miliardi di anni) Nasce la Via Lattea, la nostra galassia

(8,5 miliardi di anni) Si forma il nostro sistema solare

(9 miliardi di anni) Prende forma il nostro pianeta Terra

(10,5 miliardi di anni) Prime forme di vita compaiono sulla Terra

(13,699998 miliardi di anni) Compaiono i primi ominidi

(13,7 miliardi di anni) Ora attuale al meridiano di Greenwich


Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell'universo

sabato, febbraio 15, 2014

Immersi in un mare limpido (e non annegare)


Uno dei concetti sui cui si fonda la fisica è quello dei campi: il più conosciuto, perché entrato prepotentemente nella vita quotidiana dell'uomo moderno, è quello magnetico, e comunque è stato necessario aspettare i primi decenni del 1800 perché Faraday riuscisse a rendere visibile ciò che era stato occultato fino ad allora.

Una manciata di limatura di ferro sparsa intorno ad una calamita ed ecco che le linee di forza del campo magnetico apparirono perfette nelle loro tracce curve che entravano ed uscivano dal dipolo; chissà se Herbert George Wells quando scrisse nel 1881 "l'uomo invisibile" aveva in mente l'esperimento della limatura, perché in fondo anche nella sua quasi intangibile sagoma, il protagonista del libro poteva essere reso visibile con una spruzzata di vernice. 

Quindi dalla presa di coscienza della possibile esistenza di un mondo invisibile, non spettrale ma fisico, che ci circonda continuamente, sono cresciute le scoperte fondamentali delle leggi che governano l'Universo: il campo magnetico, il campo gravitazionale, il campo elettrodebole, il campo di Higgs. Ma esiste un qualche tipo di limatura o di vernice che possa svelare ai nostri occhi tanta ingombrante presenza intorno a noi?

Ognuna di queste scoperte è stata caratterizzata da una intuizione simile a quella di Faraday: 
la mela in caduta è stata la limatura che ha permesso a Newton di intuire la gravitazione; i raggi di luce incurvati hanno reso visibile la struttura dello spazio-tempo per Einstein; la radioattività (chiamata l'energia nucleare debole) fu invece intuita grazie alle lastre fotografiche che venivano impressionate anche al buio a contatto con sostanze come l'uranio.

Storia diversa è invece quella del campo di Higgs, tra l'altro scoperta scientifica ancora fresca e da concludersi, perché l'intuizione della sua presenza è stata frutto della matematica e delle teorie fisiche preesistenti: in altre parole la limatura che ha reso possibile la visione del bosone di Higgs è stata tutta la teoria fisica sviluppata fino ad oggi, e la vernice spruzzata per rendere visibile agli occhi l'invisibile è stata tutto il meglio della tecnologia in possesso all'uomo e cioè l'LHC, il grande acceleratore di particelle del CERN.

Proviamo ad immaginarci come dei pesci, immersi in un liquido perfettamente trasparente ai nostri occhi ed impercettibile al nostro tatto: ci muoveremmo con naturalezza senza dover pensare al liquido, almeno fino a quando qualcosa non intorbidisse la sostanza rendendola visibile. Lo spazio ed i campi in esso contenuti ci circondano continuamente e forse ne esistono di più di quelli fino ad oggi scoperti, ma fino a quando non troveremo la limatura adatta, rimarranno nascosti, celati nel mare limpido che ci circonda.








venerdì, gennaio 24, 2014

Il "campo" saltellante

Alcune correlazioni come quelle tra tempo e gravitazione o tra moto dell'elettrone e spazio, sono state sondate con tenacia dai fisici ma molte domande rimangono prive di risposta.
Solo l'immaginazione ci può far volare sopra il muro, quello che la scoperta può abbattere, che per ora ci divide dalla piena conoscenza della natura; è quindi con un modello mentale che cercherò di immaginare i meccanismi che potrebbero lontanamente avvicinarsi a quelli reali - o forse nemmeno lontanamente - ma con lo scopo di dare una visione più vasta all'ignorante curioso, un quadro artefatto ma possibile tra i tanti, di come l'universo funzioni.

Una delle evidenze più sconvolgenti venute a galla lo scorso secolo è quella della quantizzazione della natura: tutto ciò che ci circonda è fatto di pacchetti, minuscoli, indivisibili e ben misurabili, dalla materia all'energia, e su questo principio - la meccanica quantistica - si è costruita una delle teorie fisiche più precise che gli scienziati abbiano mai partorito: solo lo spazio, la gravità  ed il tempo sono sfuggiti per ora a questa sorta di suddivisione in blocchetti.


Partiamo dall'immaginare un atomo di idrogeno, quello più semplice, il nucleo centrale con carica positiva e l'elettrone negativo che si "muove" nella nube di probabilità: sappiamo che il cosiddetto spostamento è più simile ad un saltellare e che non esiste una vera e propria traiettoria dell'elettrone, anche perché se così fosse, questo granello polarizzato, ruotando intorno al nucleo protonico, emetterebbe energia per poi, esausto, precipitare verso il centro annichilendosi (cosa mai osservata in natura).
Preso atto di ciò che vediamo e misuriamo, come è possibile spiegare un comportamento tanto singolare? Qual'è l'energia infinita che sposta gli elettroni intorno ai nuclei degli atomi dall'inizio dei tempi? 


La soluzione più semplice è quella di accettare il comportamento dell'elettrone per quello che è, un po' come si fa con una persona ribelle ed indomabile; una volta recepita l'idea si cerca di adattarsi alla situazione: così è nata la teoria della schiuma quantistica che in realtà spiegherebbe diversi fenomeni microscopici ma che nella pratica è difficile da sondare. Lo spazio sarebbe pullulante di una infinità  di coppie di materia ed antimateria che creandosi spontaneamente ed annichilendosi in tempi a noi impercettibili (ed anche ai nostri strumenti), comporrebbero lo strato, la pellicola, su cui tutto ciò che vediamo nell'universo esiste e si muove.

In alternativa, non avendo riscontri sperimentali della teoria della schiuma, si può spingere la fantasia un gradino più avanti: se fossero lo spazio ed il tempo a saltellare mentre l'elettrone è perfettamente fermo in balia dell'attrazione del nucleo? Ed inoltre cosa ci sarebbe di così scandaloso se anche lo spazio ed il tempo fossero quantizzati, visto che sappiamo esserlo il resto della natura?



Tutti abbiamo visto qualche vecchio film in cui alcuni fotogrammi danneggiati o bruciati non sono stati montati, avendo la sensazione che la scena si svolga a scatti; siccome gli avvenimenti che osserviamo nelle scene hanno una sequenza logica, il comportamento poco fluido delle immagini non influisce sulla nostra comprensione degli avvenimenti, ed una palla che cade da un terrazzo ci apparirà esattamente per quello che è, come se la sequenza fosse stata integra. Se invece stiamo osservando un fenomeno del quale non conosciamo in origine la sequenza, per esempio un palloncino che sgonfiandosi impazza velocemente per la stanza, sarà molto difficoltoso ricostruire la successione originale.
Se quindi lo spazio-tempo a livello microscopico avesse un comportamento non fluido, l'immagine dell'elettrone che si sposta apparentemente in modo probabilistico potrebbe avere origine da un mix di traiettoria elettromagnetica e continuo spostamento dei punti di riferimento.


Pensiamo ad una nave che beccheggia: il suo continuo oscillare in acqua crea una serie di onde che si susseguono con origine dallo scafo verso l'acqua circostante. Poi immaginiamo delle minuscole scialuppe magnetizzate attratte più o meno debolmente dallo scafo della nave principale; se la forza di attrazione si equivale a quella di trascinamento delle onde, le barchette calamitate staranno in equilibrio attorno alla nave senza poterla mai raggiungere. Aggiungiamo che la nave può essere in movimento, può ruotare su se stessa, e che le onde potrebbero comunque essere presenti in acqua naturalmente e potremmo avere una immagine della complessità delle interazioni tra nucleo (la nave), elettroni (le scialuppe) e lo spazio-tempo (l'acqua).


Ma perché solo l'elettrone dovrebbe apparire saltellante? In questa visione dovremmo supporre che la materia del nucleo, avendo una massa molto maggiore, non subisca una eccessiva distorsione dalla vibrazione dello spazio-tempo. Alle nostre misurazioni, forse proprio perché nella dimensione macroscopica iniziamo ad osservare comportamenti di cui conosciamo perfettamente le sequenze, percepiamo un comportamento classico, proprio come nel film incompleto di prima; d'altronde gli esperimenti ci dicono che il passaggio da comportamento quantistico a quello fisico classico, è graduale e riguarda non solo gli elettroni ma anche particelle ed atomi complessi, ma che più la massa aumenta è meno le caratteristiche "insolite" appaiono. D'altronde se pensiamo al nucleo atomico come ad un transatlantico capiamo subito che le sue dimensioni e la sua massa non subiscono interferenze dal leggero turbamento delle acque in cui è immerso ed anzi è la sua stessa stazza in movimento a perturbare il liquido circostante, cosa che crea non pochi problemi alle minuscole scialuppe elettroniche.

D'altronde che la massa abbia una influenza sullo spazio-tempo circostante ce lo ha insegnato Einstein con la teoria della Relatività Generale: infatti è sperimentalmente noto che il tessuto quadridimensionale dello spazio-tempo viene piegato dalla massa immersa in esso, anche se il meccanismo per cui ciò avvenga è ancora ignoto. E se non fosse l'unica interazione tra i due elementi? Se a livello atomico esistesse una influenza che ad oggi non comprendiamo?







domenica, dicembre 01, 2013

A qualcuno piace tiepido

La ragione spesso sta nel mezzo ma non solo: spesso nel mezzo c'è anche la possibilità di creazione, di vita, di intelligenza. E noi alberghiamo proprio li, nella via intermedia tra il gelo siderale dello spazio vuoto e le sorgenti di reazioni nucleari che sprigionano energie a milioni di gradi, energie ancora figlie del big bang e delle sue conseguenze. 
Quindi, quando dico nel "mezzo", intendo a metà non solo in senso di distanze astronomiche ma anche considerando il tempo, proprio quello che è trascorso dalla creazione iniziale a quello che ci separa probabilmente dal graduale raffreddamento dell'Universo.

In pratica abbiamo fatto bingo due volte, perché la nostra esistenza dipende fondamentalmente dal fatto che ci troviamo in un posto ed in un periodo tiepido rispetto a tutto ciò che ci circonda, rispetto a ciò che è stato e che sarà: è pur vero che se così non fosse noi umani non saremmo qui a gloriarci di tanta fortuna, ma è anche interessante riflettere su come la nostra intelligenza ci abbia permesso di comprendere quanto sia speciale il luogo ed il tempo che viviamo.
Godiamoci quindi ancor di più questo tepore spazio-temporale alla faccia della crisi e di qualche extraterrestre meno fortunato.

sabato, novembre 02, 2013

Non siamo altro che avanzi riciclati

Chissà perché, quando pensiamo alla creazione della materia in generale ma nello specifico a quella che ci compone, abbiamo una immagine di genesi primordiale, come se scaturissimo dal nulla o comunque come se si potesse generare materia, animata od inanimata, senza attingere da qualcosa di preesistente. 
La realtà invece è che gli atomi che ci compongono sono vecchi di miliardi di anni e nella loro infinita storia sono stati parte di nebulose galattiche, stelle, supernove, meteore, pianeti, vulcani e chissà cosa altro di meno nobile.

Non è errato quindi affermare che siamo fatti di materia riciclata, gettata nel cesto (quello grande) dell'umido interstellare, per poi essere riutilizzata all'occorrenza nel plasmare tutto ciò che possiamo osservare compresi noi stessi. Quindi dovremmo allargare la lista delle possibili reincarnazioni e soprattutto delle vite precedenti:

probabilmente in passato sono stato una stella degenere, subito dopo una cometa per poi diventare una meteora ed infine una piccola porzione di mare qui sulla Terra, ma soprattutto non ho idea di che cosa diventerò dopo, anche se sicuramente una parte dei miei atomi di ossigeno e di idrogeno torneranno evaporando in atmosfera e quindi facilmente sarò una nube.

 Un fondo di verità quindi anche nella teoria della reincarnazione, si ma quella atomica.

venerdì, novembre 01, 2013

Invecchiare per non morire o morire per sopravvivere?


Nella inconclusa (ed inconcludente) lotta contro l'invecchiamento c'è una profonda misconoscenza dei principi che permettono all'Uomo ed all'Universo di esistere e sopravvivere.

Il principio naturale alla base di ciò che siamo e che saremo, è quello del continuo aumento del disordine: senza tale disordine non si sarebbe creata la varietà di materia ed energia, di galassie, di stelle ed infine di pianeti adatti ad ospitare la vita, e senza il caotico susseguirsi di generazioni di minuscole creature in ascesa evolutiva, noi non saremmo mai arrivati a vedere la luce, ne come singoli ne come umanità.

Ora qualcuno vorrebbe immaginare una generazione di highlanders geneticamente modificati in grado di vivere per secoli, ma anche solo lo squilibrio tra la velocità di invecchiamento di diverse specie potrebbe rivelarsi fatale per il nostro futuro; se è vero che i batteri evolvono molto velocemente, creando nuove varietà con caratteri genetici diversi in brevissimi periodi, è anche certo che l'uomo continua a rallentare la sua ascesa genetica allungando la durata media della propria vita, e prima o poi si incontreranno generazioni di nuovi batteri e di vecchi (geneticamente) uomini con le conseguenze che si possono immaginare e che forse alcuni medici cominciano già a rilevare.
Prima o poi dovremo fare i conti con la nostra egoistica smania di sopravvivenza, che come istinto primordiale ci ha permesso di evolverci come specie, ma che declinato nella versione soggettiva diventerà presto il nostro tallone di Achille.

domenica, settembre 15, 2013

Le stelle innamorate


I sistemi binari in astronomia rappresentano delle accoppiate di stelle o altri oggetti che essendo a distanza ridotta finiscono per attrarsi reciprocamente in modo che l'una giri attorno all'altra:
non come la Luna e la Terra per cui la piccola massa della prima lascia il centro di gravità tutto alla seconda, ma in equilibrio danzando in tondo in un balletto ciclico.
Proprio come due innamorati prima si cercano, si sfiorano e poi allentano la presa, il vorticoso girotondo delle due stelle può essere anche molto pericoloso soprattutto per una delle due:
infatti se l'attrazione gravitazionale della stella più densa è abbastanza potente, può lentamente strappare materia alla vicina, rendendola nel tempo sempre meno brillante e facendola infine morire.
Proprio come l'amore anche il gioco delle coppie stellari è appeso al filo dell'equilibrio e per durare i due corpi celesti devono avere "caratteri" simili.

sabato, agosto 31, 2013

Relativamente alla relatività (parte 2)

L'ostacolo maggiore al progresso scientifico è stata la superbia dell'uomo: fino a quando filosofi e pensatori hanno immaginato di essere inevitabilmente il centro dell'universo e che, a causa della creazione divina tutto fosse stato concepito a loro uso, la verità sulla natura relativistica del mondo che ci circonda è rimasta celata per secoli. Solo le grandi menti rivoluzionarie, in avversione al pensiero dominante, sono riuscite a scardinare i preconcetti umano-centrici: Galileo, Newton ed Einstein sono solo gli esempi più eclatanti di queste eversioni.
Ripercorrendo la lunga strada che ci ha portato al progresso attuale, proverò a fare un brevissimo sunto delle tappe fondamentali.

1) Il principio di 'relatività del movimento' fu esposto da Galileo nel "Dialogo sui due massimi sistemi del mondo" dove viene messa in luce la possibilità di effettuare esperimenti in modo analogo in sistemi di riferimento inerziali diversi; in pratica non si può, effettuando qualsiasi prova, definire se ci si trovi su una piattaforma ferma od in movimento a velocità costante. Quindi la Terra potrebbe essere ferma rispetto all'universo oppure l'universo fermo rispetto alla Terra, ma ciò non avrebbe alcuna importanza in termini relativistici.

2) Il principio di invarianza di Newton approfondisce i temi galileiani e formalizza le trasformazioni da sistemi inerziali diversi; inoltre con la gravità si sancisce il fatto che ogni corpo attrae gli altri, cioè anche la mela che cade in modo impercettibile attira a se la Terra, e quindi, nello spazio, non ci sono punti gravitazionali privilegiati.

3) La relatività ristretta distrugge l'assioma newtoniano del tempo assoluto. Ogni corpo che viaggia a velocità costante, qualsiasi essa sia, deve vedere il raggio di luce muoversi alla velocità limite della luce stessa: la conclusione è che per mantenere invariata tale costante, lo spazio-tempo si deve poter dilatare e contrarre di conseguenza.


4) La relatività generale è la derivazione del principio di equivalenza: se un uomo non può distinguere il fatto di trovarsi all'interno di una cabina sparata verso l'alto con accelerazione 'g' oppure di essere nella stessa cabina ma fermo sulla terra sottoposto alla forza gravitazionale 'g', allora le due situazioni devono essere equivalenti:  in pratica non si può, effettuando qualsiasi prova, definire se ci si trovi sulla cabina sottoposta a gravità o quella sparata nel vuoto.  La conseguenza è che se un raggio di luce che attraversa la cabina accelerata entra da un punto per poi curvare all'interno della cabina ed uscire da un punto più in basso (a causa del moto in direzione della accelerazione), allora anche l'osservatore nella cabina ferma ma sottoposta al campo gravitazionale dovrà osservare il raggio di luce curvarsi (lo spazio è curvo in prossimità dei campi gravitazionali).

venerdì, luglio 26, 2013

precipitando nel futuro (versione pizza)

Cadere nel vuoto di un burrone di cui non si intravede la fine, è la sensazione che dovremmo avere guardando il tempo trascorrere e l'Universo evolversi; il bigbang rappresenta il fulcro dal quale siamo stati sganciati in questa folle corsa che ci vede calare a velocità inimmaginabile in un destino ancora incerto. Ma esisterà un fondo a questo precipizio? E la velocità di caduta sarà sempre la stessa? Qualcuno mi a chiesto perché il piatto dell'universo dovrebbe precipitare e non per esempio salire verso l'alto: si tratta solo di un immagine per trasmettere la sensazione di un movimento non facilmente frenabile e ancor di più impossibile da ribaltare proprio come la caduta di un oggetto nel vuoto.

Nella realtà sappiamo che tutto è cominciato con il bigbang ed un piattino piccolissimo, infinitesimo: come questo protouniverso sia stato scagliato fuori dal nulla e come una qualche energia lo stia sospingendo verso il futuro, questo ancora esattamente non lo sappiamo; sappiamo però che il piatto ha cominciato a crescere, e le sue dimensioni in poco tempo si sono decuplicate e poi centuplicate e cosi via, fino ad arrivare alle dimensioni attuali. In questa enorme espansione è stata creata e sparsa la materia ma soprattutto sono stati creati spazio e tempo, in modo continuo ed uniforme, come ancora tutt'ora sta avvenendo.
Come è possibile che si continui a creare del nuovo spazio (ed incredibilmente anche del nuovo tempo) apparentemente dal nulla? Proviamo a spingere la nostra immaginazione ancora oltre e trasformiamo il piatto in un disco di pasta per la pizza prima che venga infornata:
condiamo il tutto con qualche oliva qua e la, ed ecco il nostro universo pronto nuovamente a precipitare verso il futuro.



In modo inaspettato, ed inspiegabile, la caduta nel vuoto fa lievitare la pasta che lentamente cresce di volume in tutte le direzioni; le olive, che nella realtà trovano corrispondenza con le galassie sparse per l'universo, iniziano inesorabilmente ad allontanarsi l'una dall'altra.
Ad oggi è ancora questo che osserviamo scrutando il cielo e, misurando gli spostamenti, rileviamo che tutte le galassie si stanno allontanando dalla nostra.

Ma le olive, cioè le galassie, non lievitano anche loro? Le olive per fortuna hanno un altra consistenza ed il processo di lievitazione non le tocca dall'interno cosicché rimangono unite e ben distinte dalla pasta. Nella mia fantasiosa similitudine però accade un fenomeno che nella realtà fisica non è mai stato osservato e probabilmente è solo una mia speculazione: la pasta dell'immagine sopra, che rappresenta l'evoluzione dello spazio-tempo, man mano che lievita è sempre meno densa a causa del continuo stiramento nelle varie dimensioni. E' possibile che quello che ad oggi viene considerato solo un concetto topologico e geometrico (seppur in quattro dimensioni) possa avere avuto caratteristiche variabili durante la sua evoluzione? In altre parole potrebbe esistere una densità dello spazio e del tempo e questa densità potrebbe non essere omogenea in tutto l'universo?

giovedì, luglio 11, 2013

Precipitando nel futuro

Il "tempo vola", aggiungerei inesorabilmente: a volte si dice proprio per sottolineare che possiamo fare ben poco nei confronti del meccanismo che fa marciare l'Universo nella direzione in cui punta la freccia del tempo e cioè il futuro. Abbiamo visto però che questa andatura non è per tutti la stessa, ed alcuni oggetti trascorrono il loro tempo in modo rallentato rispetto ad altri. E' stato difficile, fino alla scoperta di Einstein, capire che poteva esserci un tempo soggettivo in quanto le leggi che regolano il nostro mondo macroscopico non sono quasi influenzate dagli effetti relativistici ed i fisici, prima del ventesimo secolo, avevano già spiegato il mondo in modo esaustivo per le loro esigenze: erano semmai i piccoli particolari ad avere nelle loro inspiegabili anomalie il seme della rivoluzione scientifica.

Una volta misurata la velocità della luce e scoperto che questa era una costante, per qualsiasi osservatore, in qualsiasi sistema di riferimento, da qualsiasi prospettiva, fu allora che si dovette cedere all'evidenza: lo spazio ed il tempo devono potersi contrarre o dilatare per permettere alla luce di avere sempre la stessa velocità. Pensare agli effetti della relatività in termini strettamente matematici però è complesso ed a volte non da la sensazione di come tutto ciò possa accadere.
Per avere una idea del tempo che scorre e della insuperabilità  della velocità della luce vorrei proporvi questa immagine: pensiamo al nostro Universo come ad un piatto che precipita nel vuoto, ed immaginiamo che questa caduta rappresenti il passare del tempo.

Se guardiamo il piatto durante la sua caduta vedremmo che ad ogni istante il suo contenuto si evolve in modo del tutto indipendente dalla caduta stessa, caduta che gli abitanti del piatto percepiscono solo come scorrere del tempo, mentre si muovono liberamente sulla sua superficie: cosa accade però se un oggetto si muove all'interno del piano ad una velocità prossima a quella del piatto in caduta?

Mentre per le entità che si muovono lentamente vedremmo delle traiettorie pressoché diritte, quelle con velocità sostenute, o meglio confrontabili con la velocità di caduta del piatto stesso, compieranno traiettorie inclinate nel passaggio tra un istante e l'altro: cosa sta accadendo? In pratica le traiettorie rappresentano il moto degli oggetti nello spazio-tempo e siccome le traiettorie inclinate sono sicuramente più lunghe di quelle verticali, il tempo, agli occhi degli osservatori esterni, è anch'esso più lungo e cioè trascorre più lentamente (sempre che l'oggetto debba rimanere a bordo del piatto e cioè continuare ad esistere nell'universo, condizione a cui non ci possiamo sottrarre).

Per rendere meglio l'immagine lasciamo perdere il fatto che la caduta rappresenti il tempo e pensiamo che sia un normale spostamento nello spazio: quando osserviamo un oggetto che si sta muovendo circa alla nostra velocità ma con una traiettoria inclinata rispetto alla nostra, quello che percepiamo è che l'oggetto sia più lento, fino al caso estremo in cui l'oggetto si muova perpendicolarmente alla nostra posizione, caso in cui addirittura ci sembrerà fermo (nel caso del nostro schema si tratterebbe di oggetto che si muove a velocità infinita): in pratica chi viaggia a velocità prossime a quelle della luce è come se avesse una traiettoria inclinata rispetto a noi che siamo fermi o che ci muoviamo a basse velocità e quindi apparirà al nostro sguardo viaggiare nella direzione tempo a velocità inferiore alla nostra.

Altre conseguenze di questo modello è che non è possibile viaggiare sul piatto ad una velocità superiore a quella della caduta del piatto stesso (il che è rappresentato da una pendenza limite della freccia inclinata), pena l'uscita dal piatto e la non appartenenza al piccolo universo di porcellana ed, in ultima analisi, che il viaggiatore ad alta velocità alla fine arriverà comunque sul piatto all'istante successivo (nel disegno istante 1) ed a sua volta osservando che il tempo per l'oggetto fermo trascorre più velocemente.
La cosa strabiliante che tutto ciò dipende dalla velocità a cui il piatto precipita e cioè la velocità della luce nel vuoto; in poche parole il nostro Universo è in caduta libera verso il futuro e possiamo  solo ingannarci pensando di rallentare la caduta, mentre la realtà è che sarebbe più corretto dire che il tempo non vola ma che precipita inesorabilmente.

domenica, luglio 07, 2013

decoerenza temporale

Trovare un immagine per visualizzare ciò che accade tra le pieghe del nostro Universo quadridimensionale è cosa complessa ma non impossibile; tutt'altra astrazione mentale ci vuole per immaginare un Universo ad undici dimensioni come quello teorizzato dai fisici delle stringhe, ma "fortunatamente" per ora non esistono prove sperimentali di queste recenti teorie, mentre abbiamo numerosi riscontri pratici del fatto che le tre dimensioni spaziali ed il tempo siano interconnessi per formare un continuum spazio-temporale, un unica trama nella quale le entità cosmiche si muovono seguendo leggi prefissate.


Se volessimo semplificare al massimo il comportamento degli oggetti fisici all'interno di questo reticolo potremmo iniziare a pensare ad un telo teso, che pur essendo bidimensionale può rappresentare le tre dimensioni spaziali (facciamo finta di dimenticare l'altezza e pensiamo che il mondo sia piatto); questo telo a sua volta ha infiniti teli paralleli, ognuno dei quali rappresenta un istante successivo (i teli sottostanti) o precedente nel tempo (i teli sovrastanti).
Le minuscole entità del microcosmo, diciamo per semplificare le particelle elementari, se ne stanno volentieri sul telo di partenza, muovendosi su di esso a velocità elevatissima, toccando la punta massima della velocità della luce (inizialmente completamente prive di massa come i fotoni). Il problema è che alcune particelle, muovendosi sul telo, incontrano dei "pelucchi" (campo di Higgs) che tendono ad appiccicarsi: in questo modo acquisiscono massa e peso e quindi cominciano a deformare il telo e più la deformazione aumenta e più altre particelle vengono inghiottite (gravità).

Il fatto è che il telo è elastico e le sue maglie sono deformabili cosi che appena la massa lo permette, l'oggetto, attraversando il tessuto stressato (ma non rompendolo), cade sul telo sottostante e così via: il risultato è che maggiormente un oggetto possiede massa e più si muove lentamente tra le coordinate spaziali (scivola lentamente sul telo) e più precipita  velocemente da un telo sottostante all'altro (e quindi il tempo per l'oggetto trascorre più velocemente); inoltre a massa maggiore corrisponde una deformazione del tessuto spazio-temporale più grande con tutte le conseguenze che abbiamo già affrontato parlando di relatività generale perché gli oggetti che passano lungo le deformazioni del telo non si trovano più sullo stesso piano temporale e quindi il loro tempo è modificato (rallentato).

Siccome le maglie del tessuto non sono poi così rigide, la maggior parte degli oggetti che siamo abituati a vedere, cadono verso gli strati sottostanti a grande velocità e di conseguenza tendono a muoversi sulla superficie del telo molto lentamente, ed ecco perché abbiamo la sensazione di stare tutti sempre sulla stessa superficie e che esista un unico istante uguale per tutte le entità fisiche;
solo avendo abbastanza energia per accelerare un oggetto in modo che scivoli sul telo e non cada di sotto, possiamo accorgerci che quest'ultimo rimane leggermente indietro sui teli precedenti mentre noi cadiamo inesorabilmente nel futuro.
L'altra caratteristica fondamentale di questo modello mentale è che possiamo solo scivolare nel futuro e non abbiamo nessuna possibilità di arrampicarci indietro sui teli del passato.

domenica, giugno 30, 2013

Il paradiso degli scienziati (parte 2)

Erano circa due anni che sul comodino nella stanza da letto mi faceva compagnia un libro di Margherita Hack, "Notte di stelle", e non perché ci fosse voluto tutto questo tempo per leggerlo, ma perché era diventato uno di quegli oggetti che colmano il vuoto, soprattutto per quel faccione simpatico che riempe la copertina; può sembrare uno di quei segni del destino, a cui la scienziata proprio non ha mai voluto credere, ma soli tre giorni fa avevo ritirato finalmente il libro al suo posto, in mezzo agli altri, a prendere polvere.

Troppo facile dire che adesso ci osserva dalle stelle, che ora anche Margherita è diventata una luce che brilla nel cielo, che la sua anima vaga tra gli astri; molto più difficile affrontare ciò che la Hack ha voluto dirci ed insegnarci lungo tutta la sua vita di atea convinta e cioè che non si può affermare che esista qualcosa al di fuori di ciò che possiamo osservare e misurare. Questo atteggiamento non voleva dimostrare l'assenza di una visione spirituale del mondo e dell'essere umano, ma indicava un punto di partenza nella ricerca che ognuno di noi deve compiere per capire chi siamo e dove andiamo.

"Non penso a un paradiso come ad un condominio" aveva detto con la sua solita ironia, interpellata sul argomento: ora lei lo sa com'è fatto il paradiso ed immagino che se ne avesse la possibilità tornerebbe indietro anche solo pochi istanti per raccontarcelo, ma mi accontenterò di comprare un altro libro e di tenermelo altri due anni a farmi compagnia sul comodino.

domenica, maggio 26, 2013

Prima o poi, no adesso!

Cogliere l'attimo, si dice per approfittare di un occasione: ma quale attimo? 
L'attimo potrebbe rappresentare l'inafferrabile presente che, come si cerca di congelare, è già passato; infatti tutto ciò che vediamo e facciamo è una risposta ritardata a quello che è appena accaduto, in conseguenza al fatto che l'immagine che percepiamo del mondo intorno a noi ci è trasmessa grazie al riflesso della luce sugli oggetti, che sappiamo non essere istantanea ed avere un ritardo prima di giungere ai nostri occhi: quindi il nostro sguardo è sempre rivolto a qualcosa di già  trascorso e quindi al passato. Per fortuna la luce, pur essendo non istantanea, è molto più veloce di qualsiasi cosa solitamente maneggiamo e quindi il problema del ritardo non influisce sulle nostre vite e sulle nostre osservazioni e su quelle degli scienziati, esclusi naturalmente i fisici dei quanti.

Quindi la nostra vita scorre in bilico nel presente, nella direzione della cosiddetta freccia del tempo cioè dal passato verso il futuro e sebbene a livello macroscopico tutto questo ci sembri naturale in realtà ci sono molti interrogativi aperti: perché la freccia ha proprio quella direzione? E quindi perché ci ricordiamo il passato e non il futuro? Poi secondo la relatività generale la differenza tra passato presente e futuro è solo un illusione ed il passato di un osservatore potrebbe coincidere con il futuro di un altro. Insomma c'è da fondersi il cervello nel cercare di estrapolare dalla nostra conoscenza quotidiana una esperienza che ci avvicini in qualche modo ad una realtà così sfuggente come quella del tempo.

Lungi da me classificarmi come un determinista, ma esiste una correlazione con la freccia del tempo ed il pensiero secondo il quale, conoscendo tutti i parametri iniziali di un sistema, si possa prevederne esattamente l'evoluzione, perché se ciò corrispondesse a verità (anche per un sistema complesso come un essere vivente) si potrebbe infine dire di poter immaginare (o ricordare) il futuro: non ci facciamo più caso ma in diverse scienze questi risultati si stanno realizzando, anche se in modo frammentario, promettendo di dirci come sarà il nostro futuro; dalle previsioni del tempo alla ricerca genetica sono molti i campi in cui si riesce a buttare un occhio a ciò che accadrà con lo scorrere del tempo, anche se, a mio avviso per fortuna, sono ancora lontani i giorni in cui potremmo dire "ti ricordi come sarai tra 10 anni?".