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lunedì, aprile 06, 2015

La gravità come nessuno ve l'ha mai spiegata

Anche chi non ha mai studiato fisica ha impressa nei ricordi di scuola, l'immagine di Newton sotto l'albero, colpito sulla testa dalla mela caduta da un ramo. L'evento che storicamente non è mai accaduto, è però sintetizzante: un colpo sul cranio e quello che tutti avevano sempre avuto sotto gli occhi si tramuta in una intuizione, subito tradotta in una mirabile formula. Nella realtà, come quasi sempre capita, la scoperta era si frutto, non d'albero ma dei suoi tempi, e parallelamente altri studiosi come Robert Hooke furono sul punto di arrivare alle stesse conclusioni di Newton. La gravità universale capace di spiegare e prevedere tutto, dal movimento dei pianeti alle traiettorie dei corpi scagliati in aria, fu il primo grande successo della fisica moderna, ed è rimasta insuperata dal 1686 fino ai primi del 1900, ed in ogni caso è valida tutt'oggi se si effettuano calcoli lontano da corpi giganteschi (nei pressi del Sole la legge di Newton inizia a scricchiolare).


Nella gravità universale la accuratezza predittiva era accompagnata dalla semplicità ed eleganza della formula: nonostante ciò, qualcosa teneva sveglio Newton la notte. Il suo capolavoro matematico non descriveva la causa ed il modo in cui i corpi potevano sapere l'uno dell'esistenza dell'altro ed attrarsi con effetto istantaneo, anche se li divideva lo spazio vuoto. La forza gravitazionale mette in relazione le masse dei pianeti e degli oggetti attraverso un legame invisibile che attira i corpi più vicini e pesanti, gli uni contro gli altri: se lanciamo una palla in aria prima o poi tornerà verso la Terra ma anche la Terra torna, anche se in modo impercettibile, verso la palla; diventa invece misurabile l'attrazione che la Luna, leggermente più pesante della palla, esercita sul nostro pianeta (le maree ne sono una prova). Il mistero della comunicazione invisibile ed immediata tra i corpi rimaneva. 


Un successo forzato invece quello di Einstein, che dopo aver introdotto nel 1905 la relatività ristretta, ha dovuto rimettere mano anche alla gravitazione universale, a causa dell'incompatibilità delle due teorie, e non è stato semplice far combaciare i calcoli visto che ci sono voluti più di 10 anni. La soluzione Einstein l'ha trovata ma non solo: ha reso i risultati più precisi e soprattutto ha spiegato come le masse dei corpi contribuiscono all'attrazione nello spazio vuoto. Sono i corpi stessi che piegano lo spazio intorno ad essi, tramutando le traiettorie rettilinee in percorsi curvi e costringendo le masse piccole a cadere su quelle più grandi od in alcuni casi, se le distanze e le velocità lo permettono, ad orbitarci intorno. Gli esperimenti hanno dimostrato che il tessuto dello spazio-tempo si piega intorno agli oggetti, e più sono pesanti e più il tessuto quadridimensionale si piega fino a creare condizioni limite come i buchi neri. 
Vige quindi un principio di minima azione per cui muoversi nello spazio significa assecondare le trattorie che i corpi imprimono allo spazio stesso, simile al modo in cui se vogliamo andare per la strada più breve da Torino a New York dobbiamo percorrere una traiettoria curva sulla sfera terrestre.

Quindi, ora che l'apparente forza è stata trasformata in una caratteristica geometrica dello spazio  e del tempo, sappiamo tutto sulla gravità? Potrebbe essere, se non fosse che rimangono oscure le cause dell'interazione tra massa e spazio e soprattutto rimane impossibile unificare la relatività generale e le sue caratteristiche con la meccanica quantistica, rendendo improbabile la formulazione della Teoria del Tutto (la cosiddetta TOE, un'unica formula che racchiuda tutte le leggi dell'universo).
Forse se potessimo comprendere meglio cos'è effettivamente lo spazio vuoto potremmo anche capire come può la massa di un oggetto piegarne il tessuto e quali forze entrano in gioco visto che più la massa è grande e più lo spazio (ed il tempo) viene spostato e quindi si tratti di forze repulsive e non attrattive.


Quello che sappiamo è che lo spazio-tempo in cui siamo immersi  non è affatto vuoto ma è simile ad un fluido, anzi un superfluido, in cui si sovrappongono i vari campi corrispondenti alle forze fondamentali e che soprattutto contiene in tutta la sua estensione il campo di Higgs, il quale è l'origine della massa delle particelle. Poi partiamo con le supposizioni: quando una particella, all'origine priva di peso, ottiene la propria massa interagendo con lo spazio (e quindi con il campo di Higgs), dovrebbe continuare ad interagire con esso visto che continua ad esservi immersa: una volta acquisita la massa corretta, la particella non può continuare ad assumere peso e ciò crea una reazione intorno all'oggetto massivo che costringe lo spazio-tempo a piegarsi come se il corpo diventasse repulsivo. A sua volta anche la massa acquisita risente dell'interazione e viene mano a mano rilasciata nuovamente al campo, in un ciclo continuo ed infinito. In questo modo si potrebbe pensare all'inerzia, la caratteristica dei corpi che li trattiene dal cambiare il proprio stato di moto, come al meccanismo di continua acquisizione e perdita di massa nella direzione del tempo. Ma forse mi sto spingendo troppo avanti con la fantasia.

domenica, settembre 28, 2014

L'eco del vuoto

Uno dei ricordi più nitidi che ho delle prime gite in montagna è sicuramente quello degli urli a squarcia gola lanciati in direzione di qualche parete rocciosa, per sentire poi il rimbombo della mia voce tornare con qualche attimo di ritardo; sembrava incredibile che le urla potessero viaggiare per tutta la valle per poi rimbalzare e tornare indietro. Eppure se provassimo a rifare la stessa cosa nello spazio vuoto non sentiremmo ne la voce partire ne tanto meno ritornare indietro; l'assenza di aria sarebbe la fine dei suoni, che per propagarsi necessitano di un mezzo (solido, liquido o gassoso).

Nonostante questa consapevolezza, ascoltando una conferenza tenuta dal Prof. Michelangelo Mangano, fisico teorico al CERN, ho sentito una definizione che mi ha molto colpito:

il bosone di Higgs  è l'eco del vuoto.

Praticamente un ossimoro, questo aforisma scientifico nasconde una realtà fisica molto concreta ed ora quasi tangibile: se esiste il campo di Higgs (o meglio di François Englert - Robert Brout - Peter Higgs , per completezza bisogna citare tutti e tre i teorizzatori), cioè se lo spazio vuoto è permeato in modo uniforme da una forza invisibile (immaginate il campo magnetico che c'è ma non si vede) questo è la causa della formazione della massa cioè della caratteristica fondamentale che caratterizza le particelle, che attraversandolo perdono velocità ma acquisiscono corpo.
Per poter funzionare questo campo deve essere così denso che se riuscissimo a sbattergli qualcosa contro, alla giusta forza e frequenza, dovremmo rilevarne l'eco profondo, allo stesso modo in cui, quando colpiamo un coperchio di una pentola questo comincia a tremare producendo una vibrazione e quindi un suono.

Questo hanno fatto al CERN, hanno sbattuto così forte due protoni l'uno contro l'altro in modo che l'energia dell'impatto fosse quella necessaria a far vibrare il vuoto (e quello di cui è composto) ed il risultato è stato l'inafferrabile bosone (insieme alla solita pletora di particelle già conosciute), tanto sfuggente che tra miliardi di collisioni è apparso comunque pochissime volte, ma abbastanza da aver dato la certezza della sua esistenza.
Ormai ne siamo quasi sicuri, il vuoto è qualcosa di quantisticamente molto denso ed è molto lontano dall'essere il nulla: ma come è possibile che il vuoto ci appaia così vuoto se non lo è?

In realtà quasi tutte le forze ci risultano invisibili anche se il loro effetto a volte è così lampante da non lasciare dubbi sulla loro presenza, ma in ogni caso a partire dalla gravità ad arrivare al elettromagnetismo non è sempre stato facile accettare che le cose funzionassero in modo a prima vista imperscrutabile; questo accade anche per il campo di Higgs che permea il vuoto, e seppur invisibile permette alla materia di esistere come la vediamo. Se non ci circondasse perennemente una sorta di melma quantistica, gli atomi di cui siamo composti non solo non starebbero assieme ma neanche potrebbero esistere perché le particelle che li compongono (defraudate della loro massa) sfreccerebbero via alla velocità della luce!

Quindi ringraziamo l'invisibile campo che ci circonda, ci permette di esistere e di lanciare ancora qualche grida verso l'apparente nulla, rinnovando lo stupore per l'eco della nostra voce e per le leggi della natura.




martedì, agosto 19, 2014

La dieta del fotone

Certo che la prova costume terrorizza, molte volte fondatamente, chi è in partenza per qualche località balneare ma tra le particelle del modello standard (i mattoncini che compongono l'universo) c'è ne una che non ha mai, ed intendo mai dall'inizio dei tempi, dovuto preoccuparsi del proprio peso: il fotone. Nonostante appartenga alla famiglia dei bosoni, il cui nome sembrerebbe ricordare elementi ben corposi, il fotone è completamente privo di massa, mentre in effetti gli altri membri del gruppo, tranne i gluoni, hanno qualche problema in più a mostrare la loro silhouette.

I bosoni non sono altro che le particelle che si occupano di scambiare le forze (portano l'energia da una particella ad un altra), ed i fotoni in particolare sono i messaggeri della forza elettromagnetica; ma perché alcune particelle avrebbero massa ed altre no? E' stato uno degli enigmi che ha spinto i fisici alla ricerca del bosone di Higgs, per confermare la teoria che lo stesso Higgs aveva sviluppato ben 50 anni or sono. Esisterebbe un "campo di forza" nel quale siamo immersi (immaginatevi il campo gravitazionale nel quale ci muoviamo) e tale campo interagisce con le particelle in modo diverso donando ad ognuna di esse una massa, ad esclusione di fotoni e gluoni che restano invisibili a tale interazione.

Se vogliamo usare la fantasia possiamo pensare all'universo come una mappa di pacman: le palline sono il campo di Higgs, i fantasmini sono i fotoni (che non raccolgono le palline), mentre pacman è una delle particelle del modello standard che interagisce muovendosi nel campo e mangiando le palline: unica variante è che man mano che raccoglie, pacman diventa più massiccio e quindi più lento, diventando facile preda dei fantasmi fotoni (che invece non rallentano mai).

Alcune riflessioni sull'esistenza del meccanismo di Higgs sono:
- le particelle che interagiscono con il campo acquistando massa non possono più muoversi alla velocità della luce, quindi solo i fotoni vagano indisturbati proprio a quella velocità 
- la massa che viene ceduta alle particelle deve provenire da una fonte di energia molto potente perché per creare anche pochissima massa ci vuole una enormità di energia e quindi o il campo è fortemente energetico (una specie di energia del vuoto) oppure le particelle possiedono già la loro energia ed il campo è solo il mezzo per la condensazione in massa
- più i bosoni sono leggeri e più hanno un campo d'azione ampio, ed infatti la forza elettromagnetica, mediata dallo snello fotone, ci permette di ricevere i raggi di luce dalle profondità dell'universo
- non possedendo massa il fotone è quindi energia pura, ma siccome trattasi anche di particella è una energia confinata (un pacchetto) che può essere assorbita ed emessa dalle particelle che interagiscono in modo elettromagnetico
- in assenza di massa potrebbe non esserci più la percezione del tempo, infatti i fotoni sono immortali e dal loro punto di vista il tempo sembra non scorrere: se così fosse si potrebbe considerare il campo di Higgs, creatore di massa e quindi anche di tempo?

Quante domande avremmo da fare al fotone, anche se la principale rimarrebbe quella per apprendere il segreto per rimanere così in forma e sempre giovane, anche se forse la risposta ovvia sarebbe che lui è perennemente a dieta.

domenica, aprile 13, 2014

temporeggiando (l'elettrone che non cade mai sul protone)


L'immagine del fiume che scorre ci riporta spesso al trascorrere del tempo e ci immerge mentalmente nell'acqua che con il suo flusso incessante trasporta qualsiasi cosa in direzione della corrente. Come molti altri aspetti del mondo che ci circonda, anche il tempo è percepito nella scala in cui noi esseri umani assimiliamo i fenomeni, e non a caso i riferimenti che utilizziamo sono la naturale derivazione di questi ultimi: suddividere le nostre esistenze in anni, mesi e giorni è solo il modo più semplice di utilizzare il grande orologio universale che con le varie rotazioni e rivoluzioni celesti ci indica quante volte la Terra ha girato intorno al Sole, quante ha girato su se stessa e via dicendo.

Ma se fossimo una minuscola particella, un elettrone per esempio, quale riferimento potremmo utilizzare per organizzare il nostro tempo? Difficile a dirsi perché l'esplorazione dei fenomeni a scale così ridotte è appena iniziato (diciamo da un centinaio di anni) ed i risultati sono spesso incomprensibili o difficilmente interpretabili. Ed allora partiamo con il solito giochino mentale e cerchiamo di immaginare l'inimmaginabile.

Entriamo per semplicità in un mondo bidimensionale e visualizziamo lo spazio dell'universo come una ragnatela piatta e fittissima (il tessuto spaziale); prendiamo una briciola (un pezzo di materia) e poniamola al centro della tela, e poi lasciamo cadere tutto nel vuoto (tale caduta rappresenta l'inizio dello scorrere del tempo).
Durante la caduta (il tempo che passa) immaginiamo che la nostra ragnatela sia circondata da una specie di vapore che viene assorbito solo dal pezzettino di materia mentre il resto della tela lo lascia traspirare senza interagire (il vapore rappresenta il campo di Higgs responsabile dell'esistenza della massa). Ciò che accadrebbe è che la continua interazione tra la briciola ed il vapore originerebbe uno scuotimento in grado di provocare delle minuscole onde nella tela in caduta (invisibili per noi umani, ma non certo per un minuscolo elettrone).


Se tali movimenti sussultori rappresentassero qualcosa nel mondo reale come potremmo spiegarli?
Supponiamo quindi che il comportamento del tessuto spaziale sia proprio quello descritto in precedenza e che la nostra briciola fosse un protone con carica positiva.
Immaginiamo che alcuni elettroni si trovino in prossimità del protone in caduta: mentre quest'ultimo possiede una discreta massa che è indice di una forte interazione con il vapore (di Hisggs), gli elettroni hanno una massa infinitesimale, il che indica uno scarsissimo assorbimento e quindi quasi nessun effetto sulla ragnatela.



Essendo poi carichi negativamente gli elettroni verrebbero attirati dal polo protonico positivo al centro dell'onda e cercherebbero di avvicinarsi il più possibile, così come si attirano i poli opposti di una calamita; l'energia prodotta dall'onda però tenderebbe a mantenerli in equilibrio ad una certa distanza.


Un altro significato interessante dell'onda nello spazio-tempo è che la fluttuazione verso l'alto ed il basso rappresenterebbe un continuo pendolamento nel passato e nel futuro; in pratica se fissiamo la linea del presente al centro della massa del protone in caduta, osserviamo che il nostro universo bidimensionale, non più completamente piatto, oscilla in parte verso la direzione dalla quale la tela cade ed in parte nel verso dove è diretta.
Se a prima vista questa interpretazione può sembrare che utilizzi una visione classica in opposizione con la teoria quantistica del microcosmo, in realtà la fluttuazione ipotizzata, se riportata in una realtà quadridimensionale, apparirebbe come un continuo saltellare dell'elettrone nello spazio e nel tempo, in accordo con le osservazioni che hanno prodotto l'interpretazione quantistica.


Questo potrebbe significare che, mentre a livello macroscopico la netta distinzione tra passato presente e futuro e perfettamente comprensibile, nelle minuscole pieghe del mondo quantistico tale distinzione è meno marcata se non forse addirittura impercettibile, fino a poter immaginare che tale rappresentazione sia alla base stessa della percezione del tempo nel mondo macroscopico.

sabato, febbraio 15, 2014

Immersi in un mare limpido (e non annegare)


Uno dei concetti sui cui si fonda la fisica è quello dei campi: il più conosciuto, perché entrato prepotentemente nella vita quotidiana dell'uomo moderno, è quello magnetico, e comunque è stato necessario aspettare i primi decenni del 1800 perché Faraday riuscisse a rendere visibile ciò che era stato occultato fino ad allora.

Una manciata di limatura di ferro sparsa intorno ad una calamita ed ecco che le linee di forza del campo magnetico apparirono perfette nelle loro tracce curve che entravano ed uscivano dal dipolo; chissà se Herbert George Wells quando scrisse nel 1881 "l'uomo invisibile" aveva in mente l'esperimento della limatura, perché in fondo anche nella sua quasi intangibile sagoma, il protagonista del libro poteva essere reso visibile con una spruzzata di vernice. 

Quindi dalla presa di coscienza della possibile esistenza di un mondo invisibile, non spettrale ma fisico, che ci circonda continuamente, sono cresciute le scoperte fondamentali delle leggi che governano l'Universo: il campo magnetico, il campo gravitazionale, il campo elettrodebole, il campo di Higgs. Ma esiste un qualche tipo di limatura o di vernice che possa svelare ai nostri occhi tanta ingombrante presenza intorno a noi?

Ognuna di queste scoperte è stata caratterizzata da una intuizione simile a quella di Faraday: 
la mela in caduta è stata la limatura che ha permesso a Newton di intuire la gravitazione; i raggi di luce incurvati hanno reso visibile la struttura dello spazio-tempo per Einstein; la radioattività (chiamata l'energia nucleare debole) fu invece intuita grazie alle lastre fotografiche che venivano impressionate anche al buio a contatto con sostanze come l'uranio.

Storia diversa è invece quella del campo di Higgs, tra l'altro scoperta scientifica ancora fresca e da concludersi, perché l'intuizione della sua presenza è stata frutto della matematica e delle teorie fisiche preesistenti: in altre parole la limatura che ha reso possibile la visione del bosone di Higgs è stata tutta la teoria fisica sviluppata fino ad oggi, e la vernice spruzzata per rendere visibile agli occhi l'invisibile è stata tutto il meglio della tecnologia in possesso all'uomo e cioè l'LHC, il grande acceleratore di particelle del CERN.

Proviamo ad immaginarci come dei pesci, immersi in un liquido perfettamente trasparente ai nostri occhi ed impercettibile al nostro tatto: ci muoveremmo con naturalezza senza dover pensare al liquido, almeno fino a quando qualcosa non intorbidisse la sostanza rendendola visibile. Lo spazio ed i campi in esso contenuti ci circondano continuamente e forse ne esistono di più di quelli fino ad oggi scoperti, ma fino a quando non troveremo la limatura adatta, rimarranno nascosti, celati nel mare limpido che ci circonda.








lunedì, dicembre 24, 2012

Materialmente vuoti


Senza dubbio la scoperta dell'anno in ambito scientifico è quella fatta al CERN sull'esistenza di una nuova particella, in particolare un bosone, importante soprattutto perché, già teorizzata, la si stava cercando da anni con tutti i mezzi a disposizione. Perché tanto accanimento nella ricerca di un minuscolo mattoncino senza pur essere certi della sua esistenza? Qualcuno aveva battezzato l'ineffabile bosone di Higgs coma la "particella di Dio" forse anche a causa della centralità che ha avuto nella fisica del microcosmo degli ultimi anni, o forse perché dietro la sua comparsa si cela il segreto della massa, cioè dell'esistenza stessa della materia come tutti siamo abituati ad osservare nel mondo che ci circonda.

Il rischio però per noi comuni ignoranti, dopo gli altisonanti nomignoli ed il clamore della scoperta, è di confondere ciò che è massa con quello che invece di massa non ne ha proprio; a tal proposito è molto interessante il video girato da alcuni studenti dell'Università di Trento che provano a calcolare la massa effettiva di una persona che pesi circa 76 kg: il risultato è veramente inaspettato visto che sommando la massa degli elettroni e dei quark che ci compongono deriva una massa effettiva di circa 1 kg (che corrisponderebbe alla massa sviluppata dall'interazione con il teorizzato campo di Higg e la sua "particella di Dio"). E gli altri 75 kg che fine fanno? Com'è possibile che solo una così piccola percentuale di massa trovi spiegazione in quella che è stata definita la scoperta più importante degli ultimi 10 anni? La verità è che già sappiamo molto sugli scomparsi 75 kg e su come sia fatta la materia: innanzi tutto ricordiamoci che nonostante le apparenze siamo per lo più vuoti, o meglio ogni singolo atomo che compone la materia è praticamente vuoto, un granello che fa da nucleo e delle nuvole elettroniche che creano una sorta di scudo di energia che ci dà l'impressione che l'atomo sia consistente; il nucleo a sua volta è composto da quark tenuti insieme da elastici indistruttibili chiamati gluoni (anch'essi senza massa) e quindi parzialmente vuoto pure lui.

Possiamo quindi affermare che i 75 kg dello studente (il 99% della materia) sia in pratica energia cinetica di elettroni e gluoni e che questa energia condensata, in un corpo diventi per noi "percezione" di massa secondo la nota relazione E=mc2 (l'energia non è altro che massa per velocità della luce al quadrato); rimaneva ancora da spiegare quel chilogrammo e grazie all'intuizione di alcuni fisici, 50 anni or sono, sembra che il dilemma sia in fase di risoluzione anche se mancano ancora tasselli importanti per definire con certezza che ciò che si è scoperto sia effettivamente ciò che cercavamo. D'ora innanzi però, quando saliamo sulla bilancia col terrore di un chilogrammo di troppo, teniamo bene a mente che quello forse è l'unico chilogrammo che ci rimane.